home>
i paesi
allegorici> Lu Xun, un uomo di frontiera
Lu Xun, un uomo di frontiera
Benedetta Francioni
In questi sei mesi ho visto ancora
moltissimo sangue e moltissime lacrime,
ma io non ho che i miei saggi brevi e
questo è tutto.
Le lacrime asciugate, il sangue
cancellato;
i macellai vengono e vanno a
piacimento,
con rigidi coltelli, con morbidi
coltelli.
Ma io non ho che i miei “saggi brevi”
e questo è tutto.
E se anche i “saggi brevi” un
giorno saranno “condotti in debito luogo”,
io non avrò che E questo è tutto e
questo è tutto!
[Lu Xun, epigrafe
a E questo è tutto,
19281]
Il
Giappone era all'epoca uscito da pochi decenni dal rigido isolamento
che lo aveva tenuto separato dal resto del mondo per circa due
secoli e al momento dell'arrivo di Zhou Shuren, si respirava un
clima di forte rinnovamento e fermento culturale, in cui letterati e
studiosi di varie discipline andavano e venivano dall'Europa,
tornando con l'acquisizione di nuove lingue e nuovi saperi che non
vedevano l'ora di mettere a frutto nel proprio Paese.
Appena
arrivato in Giappone, il giovane Zhou Shuren compì il primo gesto
di significativa rivolta contro l'impero Qing: si fece tagliare
l'odiato codino, simbolo della secolare sottomissione alla dinastia
straniera manchu e vera e propria “maniglia” usata dalla polizia
imperiale per catturare manifestanti e rivoltosi. Qui si iscrisse
inoltre alla Scuola di Medicina di Sendai6.
In La
casa di ferro,
prefazione autobiografica per la raccolta di racconti Alle
armi del
1922, Lu Xun scrisse che il desiderio di studiare medicina nacque in
lui dalla consapevolezza che i metodi tradizionali cinesi, con i
quali anche suo padre era stato curato invano, non funzionavano ed
erano praticati da ciarlatani. Per questo era suo desiderio
studiare la meducina occidentale e in tal modo promuovere la fiducia
nel progresso e il cambiamento di mentalità7.
Durante
la proiezione di alcune foto della guerra in corso tra Russia e
Giappone (1904-1905), Lu Xun vide un'immagine raffigurante un gruppo
di ragazzi cinesi immortalati durante la decapitazione di uno di
loro, accusato di essere una spia al soldo dei Russi. Quello che
colpì maggiormente il giovane Lu Xun fu che tutti apparivano inerti
e apatici, incapaci di ribellarsi. Decise allora, ancora una volta,
di cambiare campo di studi e di dedicarsi definitivamente alla
letteratura. «Quella diapositiva mi aveva dimostrato che la scienza
medica, dopo tutto, non era così importante. La gente di un paese
debole e arretrato, per quanto possa essere forte e sana, poteva
solo servire come esempio o testimone di spettacoli privi di senso
[...]. La cosa più importante, perciò, era cercare di modificare
il loro spirito; e poiché a quel tempo sentivo che la letteratura
era il mezzo più giusto a quel fine, decisi di promuovere un
movimento letterario8».
Cominciò così, in questo periodo, una collaborazione con altri
studenti e intellettuali cinesi e giapponesi a un movimento di
rinnovamento politico e culturale che investisse la Cina e fosse
capace di farla uscire da secoli di arretratezza e isolamento. Già
da questo momento iniziava a formarsi in lui l'interesse per la
letteratura e gli intellettuali occidentali e scrisse L'anima
di Sparta (1903)
e Il
potere della poesia di Mara (1908),
in cui ipotizzò che alla Cina servissero figure come quella di Lord
Byron, che fossero cioè in grado di svegliare un'intera nazione dal
sonno e dal torpore in cui era caduta dopo secoli di dominazione e
sottomissione9.
Nel
1908 entrò a far parte della Lega rivoluzionaria anti-manchu e nel
1909 pubblicò con il fratello Racconti
dall'estero,
una raccolta di traduzioni in cinese classico di racconti di autori
occidentali, quali Oscar Wilde, Edgar Allan Poe, Guy de Maupassant e
Anton Chekhov. Tuttavia, sebbene vi riponesse grandi speranze, il
successo di queste traduzioni fu assai scarso10
e
quindi, conclusi gli studi, tornò in Cina e iniziò a insegnare
scienze a Hangzhou e Shaoxing11.
Il
10 ottobre del 1911 scoppiò la “rivoluzione Xinhai” guidata
dalla Lega giurata di Sun Yat-sen, che rovesciò l'odiata dinastia
straniera dei Qing e portò alla proclamazione della Repubblica
Cinese il 1 gennaio 191212.
Zhou,
nonostante l'iniziale entusiasmo per la fine della dinastia manchu,
si accorse ben presto che la Cina e il popolo cinese avevano in
realtà ben poco da gioire e che sotto la maschera del grande
cambiamento, poco o nulla era mutato: mentre i signori della guerra
rivaleggiavano gli uni contro gli altri per accaparrarsi una fetta
di potere, e la piccola nobiltà e l'aristocrazia terriera si
spartivano il controllo dei territori rurali, il popolo cinese
continuava a morire di fame e a essere sopraffatto. Il doloroso
fallimento della rivoluzione sarà al centro di molti suoi racconti
e soprattutto di La
vera storia di A Q.
Nel
1912 iniziò a lavorare al Ministero dell'Istruzione, prima a
Nanchino e poi a Pechino. Nella capitale proseguì gli studi di
letteratura classica, approfondendoli ed estendendoli anche in altri
campi, come la storia e l'archeologia, e continuando gli esperimenti
di traduzione13.
Inoltre, entrò in contatto con giovani intellettuali che
intervenivano su riviste auspicanti il rinnovamento culturale e
letterario della Cina. In particolare due di questi, Hu Shi e Chen
Duxiu, sostenevano che gli intellettuali cinesi dovessero
abbandonare lo stile pomposo e il linguaggio arcaico della
letteratura tradizionale per seguire invece l'innovazione e
l'introduzione di una lingua letteraria più quotidiana e popolare.
Un altro fautore del rinnovamento in campo artistico e letterario fu
Qian Xuantong, redattore della rivista «Gioventù Nuova». Come Lu
Xun racconta in La
casa di ferro,
questi, per esemplificare l'importanza di scrivere ai fini del
rinnovamento e del risveglio delle coscienze, chiese a Lu Xun di
immaginare una casa dalle pareti di ferro e priva di porte e
finestre, piena soltanto di persone addormentate in procinto di
morire soffocate nel sonno. Alcune di esse hanno il sonno più
leggero ed è possibile svegliarle: in questo modo si corre il
rischio di farle morire tra atroci tormenti, ma c'è anche una
speranza che insieme riescano a far crollare le mura della casa,
salvando così anche gli altri14.
Grazie all'influenza di questi illustri amici e colleghi, Zhou
iniziò a scrivere nel 1918 il breve racconto intitolato Diario
di un pazzo,
in cui, per la prima volta, si firmò con lo pseudonimo di Lu Xun15
e da cui, come scrive Edoarda Masi, «si fa datare l'inizio della
letteratura cinese contemporanea»16.
Quest'opera
racconta la follia di un uomo affetto da manie di persecuzione e
risente sia degli studi medici che Lu Xun aveva effettuato in
Giappone, sia della grave crisi depressiva in cui era caduto dopo la
cocente delusione dovuta al fallimento della rivoluzione e al poco
successo arriso alle sue opere e traduzioni. Primo segno di
abbandono della tradizione è il rinnovamento linguistico, dato che
si tratta della prima opera di rilievo della letteratura cinese
scritta non in cinese classico, ma in baihua,
il volgare17.
Il racconto, ispirato a Le
memorie di un pazzo di
Gogol, narra di un uomo affetto da manie di persecuzione e ritenuto
pazzo da tutti gli altri abitanti del villaggio. Una notte, dopo che
è stato rinchiuso in una stanza, inizia a leggere un libro di
storia della Cina e si rende conto che esso non contiene date, ma
soltanto, ripetute in ogni pagina, le parole “Virtù” e “Morale
Confuciana”. Andando avanti con la lettura, a un certo punto, nel
cuore della notte, le parole si confondono e tutte iniziano ad
assumere lo stesso significato: “Mangiare esseri umani”18.
Lu Xun dichiarò in seguito di aver inserito il cannibalismo in
questo racconto come metafora di inumanità e dello sfruttamento
dell'uomo sull'uomo, con il chiaro intento di condurre un'aspra
critica alla morale confuciana e a tutto il sistema culturale,
sociale e familiare cinese. Come già accennato, questo breve
racconto divenne presto un caso letterario e, grazie al suo
carattere innovativo, è oggi ritenuto la prima “short story”
della letteratura contemporanea della Cina19.
Diario
di un pazzo fu
accolto come una svolta storica nelle lettere cinesi. La novità non
consisteva nel fatto che fosse scritto in volgare: gran parte della
narrativa, ivi inclusi alcuni dei massimi capolavori, era stata
scritta in lingua parlata. E non sarebbe stato neppure una novità
il carattere eterodosso, la sua opposizione alla morale e ai
principi tradizionali e ufficiali: le più grandi opere della
narrativa cinese sono opere di opposizione più o meno velata. La
novità stava per un verso nel fatto che il racconto mutuava la
struttura e il tono dalla narrativa contemporanea dell’Occidente,
per l’altro, che la sua posizione non era più di eterodossia
all’interno del contesto globale di una civiltà, ma di
rovesciamento: l’intera civiltà cinese era messa sotto accusa.
Ciò che veniva chiamato civiltà era denunciato come barbarie, anzi
come negazione dell’umano. L’espressione « mangiatori d’uomini
» sarebbe divenuta in breve proverbiale, e ancora oggi è impiegata
comunemente.20
Tra
il 1918 e il 1926 continuò a scrivere racconti, che lo resero noto
in tutta la Cina come il denunciatore dell'ipocrisia dell'etica
tradizionale, il cui scopo era il mantenimento di un ordine in cui
il più forte prevarica il più debole. Tra i principali bersagli
polemici vi erano inoltre la futilità, accompagnata spesso da
crudeltà, di comportamenti e credenze tradizionali, come la
superstizione e la medicina popolare, tema molto caro a Lu Xun,
toccato ad esempio in Yao,
e la stupidità delle masse. Molti di questi racconti furono in
seguito inseriti nella raccolta Grido
d'allarme,
pubblicata nel 192221.
Il
racconto più famoso contenuto in questa raccolta è La
vera storia di A Q,
in cui sono narrate le vicende tragicomiche di un uomo del popolo
senza fissa dimora che partecipa in modo del tutto inconsapevole ai
principali avvenimenti storici del suo tempo, compresa la
rivoluzione del 191122.
Il suo nome, trascritto in alfabeto latino, si scrive con la lettera
Q, che rappresenta la testa munita dell'odiato codino del tipico
uomo cinese sul finire della dinastia Qing. Il racconto termina con
l'esecuzione di A Q, vittima e carnefice nei diversi passi del
racconto, eseguita da un plotone d'esecuzione nei primi giorni della
Repubblica. Egli rappresenta il popolo ignorante e succube della
tradizione, non ancora pronto ad affrontare i problemi del
rinnovamento sociale e politico23.
I
racconti scritti tra il 1918 e il 1926 confluirono nelle due
raccolte Alle
armi! del
(1922) e Errare
incerto (1926).
Nel 1920 uscì inoltre sulla rivista «Xin Chao» («Nuova marea»)
la traduzione di Così
parlò Zarathustra,
e tra il 1923 e il 1924, la Breve
storia della narrativa cinese.
Dopo
aver insegnato letteratura presso l'Università di Pechino, nel 1923
iniziò a lavorare presso la Scuola Normale Superiore Femminile e
partecipò alle proteste delle studentesse contro l'autoritarismo
della Rettrice24.
In quell'occasione conobbe Xu Guangping, con cui iniziò una
relazione epistolare e che divenne poi sua compagna di vita.
Il
1926 si aprì con un fatto grave e tragico: il 18 marzo, a Pechino,
una manifestazione di protesta contro la posizione di sudditanza del
governo nei confronti del Giappone venne repressa nel sangue
dall'esercito del governo di Duan Qirui e due sue studentesse
restarono uccise negli scontri. Lu Xun scrisse articoli di condanna
e rievocò la tragica vicenda in due testi: Rose
senza fiori II e
In
memoria della signorina Liu Hezhen,
in cui definì il 18 marzo “il giorno più buio dalla fondazione
della Repubblica”25.
Per il suo coinvolgimento nella vicenda, il suo nome venne inserito
nella lista nera degli oppositori al governo e divenne passibile di
arresto. Perciò fu costretto a lasciare Pechino alla volta
dell'università di Xiamen. Fu inoltre in questo periodo che iniziò
a scrivere le prose poetiche di Erbe
selvatiche (Yecao),
poi pubblicate nel 1927 e a proposito delle quali il critico Tsi-an
Hsia scrisse: “Lu Xun let baihua do things that it had never done
before - things not even the best classical writers had ever thought
of doing in wen-yan [Classical Chinese].”26
Nel
1927 accettò un posto come preside del dipartimento di lettere
all'università di Sun Yatsen di Canton, dove insegnava anche Xu
Guangping. Canton da qualche tempo era la base di partenza della
“seconda rivoluzione”, dopo che la prima, quella del 1911, era
stata considerata un fallimento da molti intellettuali progressisti.
Qui, sotto la leadership del Partito Nazionalista guidato da Chiang
Kai-Shek, e con la partecipazione di quello Comunista, partì una
spedizione che si prefiggeva di sconfiggere i signori della guerra
del nord e riunire il Paese. Al suo arrivo a Canton, Lu Xun fu
accolto dalle fanfare del Partito Nazionalista, ma il suo entusiasmo
per i nuovi rivoluzionari fu sempre tiepido e guardingo. Quando poi
Chiang Kai-Shek procedette all'epurazione dei comunisti, Lu Xun fu
testimone di altri bagni di sangue e si dimise dal suo lavoro di
docente, in disaccordo con le autorità universitarie, dopo aver
cercato invano di far rilasciare gli studenti arrestati. Si trasferì
così insieme a Xu a Shanghai, dove visse in uno stato di
semiclandestinità, e abbandonò l'insegnamento, pur continuando
l'attività di scrittura e traduzione. Si dedicò infatti alla
composizione di saggi polemici (zawen)
e alla scoperta di nuovi giovani scrittori. Inoltre cercò di
promuovere e diffondere l'arte della xilografia, organizzando corsi
per giovani talenti27.
Nel
1929 nacque il figlio Zhou Haiying e nel 1930 entrò a far parte
della Lega degli Scrittori di Sinistra, e scrisse opere di forte
orientamento politico. Da questo momento in poi la sua fama di
grande intellettuale e letterato crebbe, ma non accettò mai di
entrare a far parte del PCC, nonostante Mao Zedong, che ne divenne
presidente nel 1935, gli tributasse altissimi elogi postumi.
Tuttavia, il suo rapporto con il PCC fu tutto sommato positivo,
anche se criticò e fu criticato28.
Ma furono proprio questi attacchi a spingerlo a tradurre e
intraprendere uno studio sistematico della critica marxista, in modo
da dimostrare la mancanza di basi teoretiche nei suoi detrattori.
Tuttavia, grazie alla grande fama che Lu Xun aveva acquisito negli
anni, i comunisti cercarono di trovare in lui un alleato, anche se
non in linea con l'ortodossia del partito, da poter sfruttare nella
propaganda antinazionalista.
A
partire dal 1928, il regime nazionalista mise in atto una serie di
restrizioni ai danni della libertà di stampa e attuò una dura
repressione, fatta di intimidazioni, arresti e torture, quando non
di vere e proprie esecuzioni, contro tutti i potenziali nemici del
regime, sia gli iscritti al Partito Comunista, che i suoi liberi
simpatizzanti. Lu Xun finì dunque nel mirino della repressione e
visse costantemente in clandestinità, cambiando più volte
alloggio. Continuò a scrivere saggi polemici contro il regime,
avvalendosi di nuovi pseudonimi e dell'aiuto di amici volenterosi
che copiavano i suoi manoscritti, in modo che la sua scrittura non
venisse mai riconosciuta. Ai suoi danni, venne anche organizzato un
attentato, che però fallì29.
Negli
ultimi anni di vita pubblicò soprattutto raccolte di saggi e, nel
1936, una raccolta di racconti ispirati alla mitologia cinese,
Vecchie
storie rielaborate.
Grazie alla mediazione della vedova di Sun Yatsen, Song Qingling,
conobbe e frequentò molti intellettuali stranieri, tra cui George
Bernard Shaw e Edgar Snow. Inoltre, nel maggio del 1933, insieme ad
altri intellettuali progressisti, consegnò al Consolato tedesco una
lettera di protesta per l'oppressione alla cultura esercitata dal
regime nazista.
Morì
di tubercolosi, di cui soffriva da tempo, a Shanghai il 19 ottobre
193630.
Lu
Xun, Franco Fortini e Edoarda Masi
Il
primo incontro tra Franco Fortini e le opere di Lu Xun avviene nel
1955, durante quel primo soggiorno in Cina, che è stato per
l'intellettuale quasi “un viaggio sulla luna”. Da allora Lu Xun,
a quel tempo poco noto oltre i confini della Cina, rimarrà un
costante punto di riferimento letterario e poetico per Fortini. Già
a Pechino, legge alcuni suoi racconti, ma è nei vicoli della
vecchia Shanghai, abitati da un'umanità reietta, miserabile e
feroce, che ritrova le atmosfere, gli odori e i colori delle sue
opere. «[...] in quei quartieri della città che sono vecchia Cina
ma hanno subito il contatto con l'Occidente, ho avvertito qualcosa
che poi dovevo ritrovare in Lu Xun: una natura che trascina seco una
miseria psicologica, una flessibilità paurosa, qualcosa di molle,
di depresso, di angoscioso. È negli sguardi, nei moti. Una eredità
dell'oppio, forse. Ma piuttosto una eredità di fame e di rapporti
sociali. Ho capito Ah Q, il fantastico personaggio di Lu Hsun»31.
Nella sua crescita vertiginosa e nel vortice della sua vita
frenetica, la Cina sembra non far caso a questi rifiuti della
società, ma Lu Xun ha invece testimoniato nei suoi scritti
l'angoscia e la disperazione delle rivolte placate nel sangue, dei
contadini sfruttati e uccisi, e, soprattutto, della sconfitta degli
intellettuali.
Lu
Xun è, per Fortini, anche uno degli autori cinesi più vicini al
decadentismo europeo. « (...) dimenticare le affinità profonde fra
le atmosfere dei suoi racconti e quelle di un certo decadentismo
europeo, vuol dire, ancora una volta, odiare la poesia e la
letteratura, fuggirle»32.
E ancora, nel 1993: «Quanto a Lu Hsun non ho avuto dubbi da quando
nel 1955 a Pechino lessi alcuni suoi racconti e poi tanti altri suoi
scritti, nei primi anni Sessanta: non solo un grande scrittore e un
intellettuale maestro, ma anche una mente molto prossima a quelle
del medesimo periodo in Occidente»33.
Impressioni
confermate anche dalla visita alla casa di Lu Xun a Shanghai
nell'ottobre del 1955, dove Fortini nota alcune opere pittoriche, di
proprietà dell'intellettuale cinese, molto vicine, per i modi della
pittura, a quelle coeve occidentali. In particolare, un quadro
raffigurante un amico di Lu Xun nell'atto di leggere un libro a un
contadino o un operaio, ricorda l'impressionismo tedesco o la
pittura di Rosai. Già nel 1955 dunque, prima ancora di conoscere
Edoarda Masi, la grandezza di un autore come Lu Xun, e la sua
vicinanza e somiglianza con gli intellettuali occidentali, pare a
Fortini fuori discussione34.
È
quasi impossibile comprendere, da una traduzione, quali resultati
abbia ottenuto Lu Hsun dalla contaminazione fra i caratteri
narrativi della prosa cinese tradizionale e quelli che gli sono
venuti dall’Occidente, romantici tedeschi o russi che egli amò e
tradusse. Ma la grandezza di questo scrittore mi sembra
indiscutibile: tutta una parte della sua nazione, una parte
invernale e atona, grigia e feroce, è nelle sue pagine. Come
diviene chiaro, leggendolo, il rapporto fra decadentismo e
rivoluzione. La sua maschera mortuaria ci porge l’immagine di un
uomo vicinissimo a noi […].35
Edoarda
Masi è stata una delle prime studentesse dell'Europa occidentale a
trascorrere un periodo di studio a Beida, l'Università di Pechino,
tra il 1957 e il 1958. Una volta rientrata in Italia si decide a
scrivere a Fortini, al tempo consulente editoriale presso Einaudi,
per sondare le possibilità editoriali del diario che aveva tenuto
durante il soggiorno cinese. Da quella prima lettera dattiloscritta,
datata 28 novembre 1960, nasce una trentennale amicizia con Fortini,
oltre che una corrispondenza destinata a durare fino agli inizi
degli anni Novanta. La lunga amicizia con Edoarda Masi costituisce
perciò per Franco Fortini un tramite fondamentale attraverso il
quale gli è stato possibile osservare la Cina con occhi diversi e
cessare di considerare quel Paese come “l'altra faccia della
luna”. «La cultura e l'esperienza di Edoarda Masi mi sono state
un tramite necessario perché mi fosse possibile tracciare (con la
rozza energia di una ignoranza che si ignora) i confini di un'altra
parte del genere umano»36.
È
quindi anche grazie alla mediazione della sinologa che egli si
avvicina ancora di più a un autore come Lu Xun, di cui, agli inizi
degli anni Sessanta, poco o nulla è stato tradotto in Italia.
Nel
vasto epistolario tra Fortini e la studiosa, il nome
dell'intellettuale cinese compare molte volte ed è spesso oggetto
di discussione tra i due corrrispondenti. Dalla lettera dell'8
dicembre 1960, si evince che Fortini avesse proposto alla Einaudi
una pubblicazione delle opere di Lu Xun. «Finalmente: Ernesta
traduce saggi di Lu Hsün [che uomo straordinario, e quante cosa
aveva capito!]. Li ha tradotti veramente? Può mandarmene? Abbiamo
in programma un volume Lu Hsün e il suo consiglio può essere
prezioso.»37
«Ho trovato una lettera di Renata Pisu, che verrà a stare a
Milano. Le scriverò subito che si sbrighi a preparare quello schema
a proposito di Lu Hsün (le manderò anche quello che ho tradotto,
in modo che possiate utilizzarlo come crederete meglio e, se vi sarà
utile, anche un po' di materiale cinese, che ho raccolto, su Lu
Hsün).»38
Di
lui, Edoarda Masi ha tradotto e curato in seguito Erbe
selvatiche (2003),
La
falsa libertà (1968),
oltre a occuparsene in svariati saggi e in un bellissimo capitolo
del libro Storie
del bosco letterario (2002)
e Cento
trame di capolavori della letteratura cinese (2009).
Fortini
ha dedicato a Lu Xun splendide pagine in Verifica
dei poteri (1965),
nei due saggi Mandato
degli scrittori e fine dell'antifascismo e
Lo
spettro cinese,
che chiude la raccolta. In entrambi, la figura di Lu Xun viene presa
come modello della condizione paradossale dell'intellettuale
nell'età della rivoluzione, consapevole della contraddittorietà
del lavoro poetico, almeno per chi vuole lottare contro il sistema
di privilegi di cui la poesia stessa fa parte39.
Come Brecht che, durante il suo discorso di Madrid del 1937, si
chiedeva: «Se la cultura è qualcosa di altrettanto realmente
materiale, che cosa bisogna fare in sua difesa? [...] Bisogna
difenderla con armi materiali»40.
Anche Lu Xun, in una conferenza presso l'Accademia Militare di
Whampoa nel 1927, sosteneva: «Preferirei ascoltare il rombo dei
cannoni [...]. Una poesia non può spaventare un signore della
guerra, ma una cannonata può sbaragliarlo. Conosco gente che pensa
che la letteratura abbia una grande influenza sulla rivoluzione. Io
personalmente ne dubito»41.
Se dunque, in qualità di letterato, traduttore, politico e
combattente, Lu Xun è un razionalista, un “uomo della luce”,
non bisogna dimenticare che egli è anche «“uomo delle tenebre”,
che sa bene come il suo lavoro, se pure assunto come mestiere e
servizio, “consista intrinsecamente nella continua ricerca di una
soluzione formale” e quindi non “serva” alla rivoluzione»42.
Anche Edoarda Masi, in Storie
del bosco letterario,
sottolinea questo aspetto. «Fin dall'inizio della sua carriera si è
proposto la letteratura in funzione pedagogica e l'educazione con
scopi riformatori. Tuttavia la tesi sostenuta nel 1927-28 -
l'autonomia delle letteratura dalla vita non meno che dalla politica
e la sua istituzionale inefficacia pratica - corrisponde alla verità
più autentica della sua opera, anche degli anni precedenti.»43
Questo
concetto viene ribadito da Fortini anche in Lu
Hsün, la mancanza,
articolo del 1970, poi raccolto e pubblicato in Questioni
di frontiera (1977)44,
in cui l’intellettuale cinese viene dipinto come una figura
emblematica dell'ambiguità e contradditorietà del lavoro poetico:
«Nessuno come un vero poeta, odia l'ambiguità della poesia e cerca
di non guardarla in faccia»45.
Se infatti la forma è attributo della classe dominante, come può
la poesia, organicamente compromessa con il potere, farsi portatrice
di un messaggio rivoluzionario di liberazione? Come può il poeta
lottare contro quel sistema di privilegi di cui egli stesso fa
parte? «Lu Hsün non è un rivoluzionario, vive per sé la
contraddizione e sa che senza di essa non esisterebbe. [...] E
allora il reale significato politico di un autore come Lu Hsün
[...] consiste anche nella certezza che la duplicità e la lotta non
hanno fine e che dunque non hanno fine la poesia e l'arte, con il
loro messaggio di vita - e - morte; e che finalmente una politica
dimentica di questo - e che non lo abbia continuamente presente
nella propria liturgia profonda - contiene il germe di un errore,
per l'importanza della posta, terribile. Così nel momento stesso in
cui auspica “cannoni” e non “poesie” sa che i cannoni senza
la verità delle poesie non sono nulla»46.
Secondo
Fortini, l'intellettuale è chiamato a operare una scelta: deve
decidere tra il rimanere arroccato nel mondo della cultura, nella
cittadella sicura e inespugnabile del sapere, o impegnarsi
attivamente nel mondo, facendosi portavoce di un messaggio di
verità. Lu Xun è quindi un intellettuale in senso pieno: è un
uomo che ha scelto chi essere e da che parte stare e che, lontano
dal servilismo ipocrita di chi si nasconde dietro un partito o una
bandiera, si è fatto testimone di verità.
Note
1Cfr.
Lu Xun, Letteratura e sudore.
Scritti dal 1925 al 1936, Isola del
Liri, Pisani, 2007, p. 29; Lu Xun, Poesia
e scritti sulla poesia, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana, 1981, p.47.
2Lu
Xun, Diario di un pazzo,
Pistoia, Via del vento, 2005, p. 29.
3E.
Masi, Storie del bosco letterario,
Milano, Scheiwiller, 2002, p. 144.
4Dictionary
of Literary Biography. Chinese Fiction Writers, 1900-1949,
a cura di T. Moran, Detroit, Thomson, 2006, p. 132.
5Ibidem.
6Lu
Xun, Diario
cit., p. 28.
7Ivi,
p. 22.
8Ivi,
p. 23.
9Dictionary
of Literary Biography
cit, p. 134.
10Ivi,
p. 135-136.
11Lu
Xun, Letteratura e sudore
cit., p. 18.
12G.
Samarani, La Cina del Novecento
cit., pp. 10-15.
13Lu
Xun, Letteratura e sudore
cit., p. 18.
14Cfr.
La casa di ferro,
in Diario di un pazzo
cit., p. 24; Lu Xun, La vera storia
di A Q, Firenze, Barbès, 2011, p.
7.
15Dictionary
of Literary Biography
cit., p. 136.
16E.
Masi, Storie del bosco letterario
cit., p. 146.
17Lu
Xun, Diario di un pazzo
cit., p. 29.
18Ivi,
p. 8.
19Dictionary
of Literary Biography
cit., pp. 137-138.
20E.
Masi alla presentazione di Fuga
sulla luna, Milano, Garzanti, 1969.
http://setedaza.xoom.it/setedaza/ANT5sche.htm,
aggiornato il 20 febbraio 2013.
21Dictionary
of Literary Biography
cit., p. 138.
22http://www.tuttocina.it/Tuttocina/Letteratura/lettcin.htm,
aggiornato il 20 febbraio 2013.
23Cfr.
Dictionary
of Literary Biography,
cit., p. 139;
http://www.tuttocina.it/Tuttocina/Letteratura/lettcin.htm,
aggiornato il 20 febbraio 2013.
24Lu
Xun, Letteratura e sudore
cit., p. 19.
25Ivi,
p. 20.
26Dictionary
of Literary Biography
cit., p. 142.
27Cfr.
ivi, p. 144; E. Masi, Storie del
bosco letterario, Milano,
Scheiwiller, 2002, p. 147.
28Lu
Xun, La vera storia di A Q
cit., p. 9.
29Dictionary
of Literary Biography,
cit., p. 145.
30Lu
Xun, Letteratura e sudore
cit., p. 24.
31F.
Fortini, Asia maggiore,
Torino, Einaudi, 1956, p.196.
32F.
Fortini, Lu Hsün, la mancanza,
in Questioni di frontiera, Torino,
Einaudi, 1977, p. 187.
33F.
Fortini, P. Jachia, Fortini: Leggere
e scrivere, Firenze, Nardi Editore,
1993, p. 77.
34F.
Fortini, Asia Maggiore
cit., p.197.
35Ibidem.
36F.
Fortini, P. Jachia, Fortini: Leggere
e scrivere, cit, p. 76.
37AFF,
lettera dell'8 dicembre 1960.
38AFF,
lettera del 16 dicembre 1960.
39R.
Luperini, Il futuro di Fortini,
San Cesario di Lecce, Manni, 2007, p. 15.
40F.
Fortini, Mandato degli scrittori e
fine dell'antifascismo in Verifica
dei poteri, Torino, Einaudi, 1989,
p. 114.
41Ibidem.
42F.
Fortini, Lo spettro cinese,
in ivi, p. 290.
43E.
Masi, Storie del bosco
cit., p. 137.
44F.
Fortini, P. Jachia, Fortini: Leggere
e scrivere cit, p. 77; Lu
Hsün, la mancanza cit, p. 187.
45F.
Fortini, Lu Hsün, la mancanza
cit, p. 188.
46Ivi,
p. 189.
[17 maggio 2014] home>
i paesi
allegorici> Lu Xun, un uomo di frontiera