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Intervista a Benny Ziffer

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Scrittore, giornalista, blogger, Benny Ziffer è redattore capo del supplemento letterario di «Haaretz», il più importante quotidiano israeliano. È promotore dell’appello al boicottaggio degli scrittori israeliani al Salon du Livre di Parigi.
In esclusiva per nonfiction.fr. ci spiega:

 

nonfiction.fr. Come si definirebbe? Scrittore, redattore capo del più autorevole supplemento letterario israeliano (quello di «Haaretz»), blogger, commentatore della vita dei libri? Insomma qual è il suo mestiere?

Benny Ziffer: Tutte queste cose e niente di tutto ciò. Nonostante abbia cominciato a scrivere tardi, sono in effetti autore di tre romanzi; ma il titolo di scrittore mi mette un po’ a disagio poiché in ebraico scrittore, nel suo significato originario, significa «cronista del re» in senso biblico. E io non voglio essere il servo di nessun re né di nessun potere politico; preferisco essere definito come il responsabile delle pagine culturali di «Haaretz» proprio perché il grande pubblico ignora cosa sia questa funzione. Quando mi presento come tale mi chiedono: «Ma qual è il suo vero mestiere?»; il che mi fa sorridere.

nonfiction.fr. Qual è allora il suo vero mestiere?

Benny Ziffer: (ride). Ho un blog che ha una popolarità inspiegabile nel mio paese, in Israele. Ma posso andarne fiero? Si tratta per me piuttosto di un passatempo. Sono un critico letterario? Detesto i critici letterari: li trovo spesso pomposi. Si prendono molto sul serio. Allora chi sono? Mi piace mettermi tutte queste maschere a condizione di potermele togliere.

nonfiction.fr. In quali circostanze è stato spinto a dirigere questo prestigioso supplemento letterario? 

Benny Ziffer: Quasi vent’anni fa. Tradizionalmente, il supplemento è stato diretto da letterati e uomini di cultura dell’Europa dell’est, soprattutto da russi. Penso che mi abbiano scelto perché sono di origine turca e austriaca, francofilo e germanofilo. E anche perché sono critico nei confronti della letteratura locale ed è l’immagine che ha «Haaretz» in generale presso il pubblico con il supplemento letterario in particolare: un’immagine un po’ elitaria e allo stesso tempo critica verso le pretese della giovane letteratura israeliana. Il supplemento è sempre stato, come me, interessato anzitutto ai grandi autori della letteratura mondiale. 

nonfiction.fr. Il supplemento letterario di «Haaretz» è un’istituzione antica e singolare. Ce ne dà una definizione?

Benny Ziffer: È un supplemento letterario che ha una storia appassionante. È nato in modo indipendente nel 1918, al Cairo, prima ancora del quotidiano, che è stato creato un anno dopo. Il supplemento gode di uno statuto speciale: è come se fosse la perla di cui il giornale è la conchiglia. 

nonfiction.fr. La lingua – l’ebraico – vi occupa un posto centrale?

Benny Ziffer: Per quel che riguarda la lingua, la peculiarità di «Haaretz» è di difendere l’ebraico letterario e il giornale è dunque la culla di innumerevoli parole che formano il nuovo vocabolario ebraico. Un gran numero di parole ebraiche sono state inventate o diffuse su «Haaretz». Per esempio il termine  Shoah è stato usato per la prima volta su «Haaretz» per indicare lo sterminio. Ma molti altri termini, spesso più popolari, sono nati sulle pagine di questo giornale. Esiste un dizionario che riporta tutti i termini coniati da «Haaretz», e in particolare dal mio predecessore, l’ex responsabile del supplemento letterario. 

nonfiction.fr. Vi si pubblicano anche poesie?

Benny Ziffer: Al contrario dei supplementi francesi, seguiamo la tradizione tedesca del feuilleton che consiste nel pubblicare, oltre alle critiche propriamente dette, testi originali, opere letterarie e saggi che non abbiano per forza un rapporto con l’attualità letteraria. Un po’ come fa il «New Yorker», ad esempio. Ciò fa parte del nostro progetto linguistico di diffondere questi testi ed è per questo che ogni anno abbiamo anche un concorso di racconti. 

nonfiction.fr. Il supplemento si considera come un riflesso della letteratura israeliana?

Benny Ziffer: Il supplemento non riflette per niente la letteratura israeliana, nei cui confronti siamo spesso molto critici. L’idea è di presentare un’alternativa a questa letteratura. 

nonfiction.fr. Cosa significa? 

Benny Ziffer: La letteratura israeliana attuale non mi sembra sempre molto convincente: manca d’invenzione, è in ritardo sulla forma e sulla tecnica stilistica. È forse la ragione per cui ha tanto successo in Europa, e in particolar modo al Salon du Livre di Parigi! È infatti così datata, e in ritardo, che dà l’impressione di essere esotica. In Francia la letteratura israeliana piace per ragioni di nostalgia! Quasi come se fosse una letteratura del Terzo Mondo. 

nonfiction.fr. È severo con gli scrittori del suo paese.

Benny Ziffer: Ma è così! Certo, ci sono delle eccezioni. Innanzitutto ci sono i grandi autori canonici, David Grossman, Amos Oz, che fanno pienamente parte del nostro patrimonio. E poi qualche giovane autore inventivo. 

nonfiction.fr. Per esempio?

Benny Ziffer: Per esempio, la poetessa Agi Mishol. Per me il più grande scrittore israeliano dei nostri tempi è Yehoshua Kenaz. Mi piace molto anche Yéhuda Koren o ancora Yitzhak Laor, che è una sorta di Céline israeliano. 

nonfiction.fr. La letteratura israeliana si distingue da quella della diaspora? Ci sono legami tra le due? Per esempio Yehuda Amichaï ha scritto poesie in omaggio a Paul Celan.

Benny Ziffer: Dagli anni ’60 la letteratura israeliana si è completamente distaccata dal suo passato ebraico e si è allontanata dalla diaspora. Questa ricca cultura ebraica era essenzialmente religiosa e per questa stessa ragione, ma anche a causa della lingua, non può più stabilire una relazione con il lettore moderno. L’ebraico è paradossalmente una barriera aggiuntiva: a causa della sua evoluzione rapida, è molto difficile comprendere un testo in ebraico dell’Ottocento o perfino della prima metà del Novecento per un israeliano di oggi. È un po’ come il vostro vecchio francese. Per esempio il nostro premio Nobel, Agnon, è diventato purtroppo quasi illeggibile per gli israeliani. 

nonfiction.fr. La letteratura israeliana, proprio come Israele, è contemporaneamente giovane e millenaria. Come si inserisce rispetto alla sua eredità, quella della lingua ebraica – lingua della Bibbia – ma anche di tutti i grandi romanzieri ebrei: Franz Kafka, Albert Cohen?

Benny Ziffer: Bisogna dire due cose. La prima è che, contrariamente alla letteratura della diaspora, la Bibbia è comprensibile perché è in ebraico puro. C’è dunque un rapporto diretto tra la Bibbia e la letteratura israeliana di oggi, al di là della letteratura ebraica della diaspora. Poi, la letteratura israeliana è stata molto influenzata da alcuni autori, per la maggior parte tedeschi, come Kafka, non perché ebrei ma solo perché grandi scrittori. 

nonfiction.fr. È una letteratura in piena «rinascita»? Conta numerosi nuovi autori, un dinamismo, nuove espressioni? Pensa che in Francia ci limitiamo a citarne solo i grandi autori, come Amos Oz o David Grossman?

Benny Ziffer: È una letteratura in eterna rinascita perché in qualche modo porta-parola di una lingua in rinascita. Generalmente gli scrittori sono quelli che contribuiscono allo sviluppo della lingua e delle parole e sono un rifugio contro i danni della cultura di massa americana che, com’è noto, ha molta presa in Israele. L’ebraico non letterario, quello che le persone parlano nella loro vita, diventa sempre più una lingua americanizzata; gli scrittori dovrebbe a mio avviso contrastare tale movimento e difendere la lingua. Ma ahimè! non lo fanno. Al contrario, vogliono accompagnare l’imbastardimento della lingua, la sua americanizzazione. La generazione degli anni ’60 – Amos Oz, Abraham Yehoshua – era molto cosciente del ruolo che aveva nel proteggere la lingua, mentre la giovane generazione di scrittori contribuisce al suo impoverimento. 

nonfiction.fr. Quali sono i temi che vi sono trattati? Nascita e evoluzione dello stato d’Israele?

Benny Ziffer: Per molto tempo la letteratura israeliana si è ritrovata, si è costituita intorno alla nascita dello stato d’Israele e intorno al grande romanzo nazionale. Ma la particolarità della giovanissima letteratura israeliana è al contrario il suo rigetto del nazionalismo, il rifiuto di costruirsi intorno a questa storia. 

nonfiction.fr. È un male? 

Benny Ziffer: No, ma i nostri giovani autori sono caduti nell’eccesso inverso: hanno il culto dei temi non politici,  s’interessano solo alla vita quotidiana, spesso urbana, e ai loro piccoli problemi personali. 

nonfiction.fr. Il che la rende molto egocentrica?

Benny Ziffer: E molto mediocre.

nonfiction.fr. Agli scrittori israeliani preferisce gli scrittori ebrei americani come Philip Roth? 

Benny Ziffer: Sono molto colpito dal fatto che non ci sia nessun rapporto tra la letteratura ebraica americana e la letteratura israeliana. Ma è vero che la prima è una letteratura di altissima qualità: Saul Bellow o J.D. Salinger (benché non sia “ebreo” nella sua scrittura) sono tra i miei autori preferiti. 

nonfiction.fr. Pensa che una migliore conoscenza della letteratura israeliana potrebbe favorire uno sguardo meno caricaturale su Israele, superando gli antagonismi facili e riduttivi tra filoisraeliani e filopalestinesi? Un libro come Una storia d’amore e di tenebre di Amos Oz offre uno sguardo molto sfumato sulla nascita d’Israele, sottolineando allo stesso tempo la sua legittimità, il suo diritto ad esistere ma anche le sue deviazioni? 

Benny Ziffer: No. Al contrario. Credo che la letteratura israeliana giochi un gioco un po’ perverso con i suoi lettori all’estero. 

nonfiction.fr. Cioè? 

Benny Ziffer: In fondo, la letteratura israeliana interessa solo ai lettori stranieri. È un successo dovuto a curiosità. Il lettore non cerca in questa letteratura innovazioni di stile o di lingua: vi cerca l’attualità israeliana. Di fatto, cerca il giornalismo nella letteratura. Gli scrittori israeliani rispondono spesso a questa domanda con un’esagerazione della realtà del paese. Esiste per esempio tutto un filone che racconta la vita delle donne religiose o che descrive l’atmosfera all’interno di Tsahal, l’esercito israeliano, con la solidarietà tra gli uomini, la virilità. È molto opportunista. Piace in Francia e negli Stati Uniti. Ma non si fa buona letteratura volendo compiacere i lettori. 

nonfiction.fr. Oltre alla letteratura, c’è una vitalità della saggistica nel campo delle scienze umane, della non finzione in generale (filosofia, storia, sociologia)? Quali sono i campi di ricerca privilegiati? E le prospettive d’analisi? 

Benny Ziffer: Penso che ci sia un impoverimento significativo della vita intellettuale israeliana, che si nota nella mancanza di discussione sulle idee e sullo scarso numero di saggi interessanti. Certo c’è il dibattito intorno ai “nuovi storici”, ma mi sembra passato di moda. Mi pare che tutto questo sia il segno della disperazione della sinistra intellettuale israeliana, dopo la seconda Intifada. 

nonfiction.fr. Intende la seconda, visto che ora si parla già di una terza Intifada?

Benny Ziffer: È questo che mi piace nella lingua francese, il gioco e la sottigliezza delle parole, come «seconde» [e ultima, ndt] e «deuxième» (cui segue una terza, una quarta). Una tale differenza esiste del resto anche in ebraico, ma in tutto saremo sì e no una decina di persone a saperlo. 

nonfiction.fr. Qual è il posto degli autori, presenti e passati, nella società israeliana? Ci sono delle figure “tutelari”, un po’ come Victor Hugo in Francia, e al contrario degli autori dissidenti, critici? La letteratura – ma anche la saggistica – hanno un ruolo nelle prese di posizione politiche d’Israele? Se sì, quali? 

Benny Ziffer: Viviamo in una società che ha bisogno di un profeta e in Israele sono i militari e gli scrittori che svolgono questo ruolo. Da noi Amos Oz, Abraham Yehoshua, David Grossman sono figure politiche, al di là delle loro opere letterarie. Ma oggi questi autori sono stanchi e non c’è nessuno in grado di prendere il testimone. Ed ecco che come figure tutelari sono rimasti solo i militari!

nonfiction.fr. Qual è il posto riservato da «Haaretz» alla letteratura degli “arabi israeliani”? Li trattate come autori israeliani in tutto e per tutto? 

Benny Ziffer: Sì. Faccio di tutto per incoraggiare i giovani arabi israeliani di lingua ebraica a scrivere e cerco di pubblicarli nel supplemento di «Haaretz». Allo stesso tempo, ci sono anche numerosi arabi israeliani che pubblicano in arabo, con i quali non abbiamo purtroppo quasi alcun contatto. Siccome tradurre dall’arabo in l’ebraico è particolarmente difficile, la cosa complica ancora di più gli scambi e le letture incrociate. 

nonfiction.fr. Sul supplemento letterario di «Haaretz» riservate un posto agli autori palestinesi? 

Benny Ziffer: Quasi mai, purtroppo. Certo, Mahmoud Darwish è tradotto e noi lo pubblichiamo sul supplemento. Una volta abbiamo pubblicato un suo testo, nello stesso giorno, nella stampa araba e su «Haaretz». Ma al di là di questi rari casi c’è un abisso tra la letteratura palestinese – che purtroppo è costituita spesso da poesia nazionalista e militante – e quella israeliana. Una decina d’anni fa, ho pubblicato un’antologia di poesia palestinese, tradotta in ebraico, ma fu talmente difficile sul piano della traduzione letteraria che da allora non ho ripetuto l’esperienza. 

nonfiction.fr. Lei è sicuramente al corrente che Israele sarà, quest’anno, l’invitato d’onore al Salon du Livre di Parigi. È nata una polemica sulla selezione ufficiale degli scrittori israeliani. Qual è il dibattito? 

Benny Ziffer: Sono stato il primo a lanciare la petizione che promuoveva il boicottaggio del Salon du Livre a Parigi. Da quel momento, ci sono stati molti dibattiti e polemiche. 

nonfiction.fr. Perché è stato lanciato questo appello al boicottaggio? 

Benny Ziffer: Ci sono diverse questioni. La prima è che il nostro governo, la nostra ambasciata, che hanno fatto la selezione, hanno scelto solo scrittori di lingua ebraica, escludendo di fatto due terzi della scena israeliana: ora, questa conta un’enorme comunità sia di lingua russa sia di lingua araba. È dunque molto riduttivo. La seconda questione è la scelta arbitraria degli scrittori fatta dai burocrati dell’Ambasciata e che hanno escluso grandi figure, come quella del nostro poeta nazionale Nathan Zach. Eppure scrive in ebraico! La terza questione è che lo stato israeliano considera che gli scrittori siano degli agenti di propaganda. A partire dal momento in cui il governo finanzia il biglietto aereo, ritiene che lo scrittore è lì per servire la causa israeliana ed esige ufficialmente quest’impegno a “fare propaganda” in un contratto che tutti gli scrittori devono firmare. È quello che è successo con il Salon du Livre di Parigi e con la Fiera del libro di Torino. 

nonfiction.fr. Dice sul serio? 

Benny Ziffer: Assolutamente. Il grande scrittore israeliano Yehoshua Kenaz per esempio non è stato invitato in Francia perché ha rifiutato di firmare questo documento! Ora, la sua opera è ampiamente tradotta in francese. E scrive in ebraico. 

nonfiction.fr. Un israeliano non può scrivere in yiddish? In arabo? In inglese?

Benny Ziffer: Non agli occhi della nostra ambasciata! E se non scrive in ebraico, non ha diritto di cittadinanza al Salon du Livre. Eppure esiste una letteratura yiddish in Israele, per quanto minoritaria. C’è anche una letteratura di lingua inglese e perfino francese! 

nonfiction.fr. Anche lei è stato invitato al Salon du Livre e ha declinato l’invito? 

Benny Ziffer: Non mi hanno invitato! 

nonfiction.fr. È per questo che ha fatto il suo appello al boicottaggio? 

Benny Ziffer: Sì, per vendicarmi! No, scherzi a parte, la considero una questione essenziale. Ogni scrittore israeliano dovrebbe, nel fondo della propria coscienza, boicottare il Salon du Livre di Parigi. 

nonfiction.fr. Quali sono gli autori che rifiuteranno di partecipare?

Benny Ziffer: Purtroppo solo un paio di autori hanno boicottato il Salon du Livre: Aaron Shabtaï e Sami Michael. Il che prova che l’elenco fatto dall’Ambasciata era compilato bene. I prescelti non rischiavano di disertare! Li si è scelti proprio per questa ragione. 

nonfiction.fr. Ma allora il boicottaggio ha fatto fiasco?

Benny Ziffer: Il boicottaggio è fallito per il momento, se si tiene conto degli scrittori invitati. Il che si spiega molto facilmente col fatto che gli scrittori scelti sono dei conformisti e accettano le regole dello stato. Molti altri scrittori o saggisti hanno tuttavia invitato al boicottaggio, per esempio lo storico Ilan Pappe. E questo appello al boicottaggio suscita una viva polemica a Parigi, a Torino e nel mondo intero. E numerosi paesi hanno fatto appello al boicottaggio. Da questo punto di vista è un successo. 

nonfiction.fr. I paesi che boicottano il Salon du Livre sono essenzialmente paesi arabi come il Libano, lo Yemen, l’Arabia Saudita, il sultanato di Oman, o ancora i paesi del Maghreb, il Marocco, la Tunisia, l’Algeria, e ovviamente l’Iran. Tariq Ramadan è dalla loro parte, così come numerose figure musulmane. Non rischiate così l’accusa di fare il gioco dei nemici di Israele? 

Benny Ziffer: Penso che i paesi arabi avrebbero comunque fatto appello al boicottaggio. È importante che anche gli scrittori israeliani si mobilitino e che non lascino la critica ai soli paesi arabi. E il modo migliore per non fare il gioco dei nemici d’Israele è non partecipare a questa carnevalata del Salon du Livre, ma denunciarla per primi. Devo anche dire che mi sento molto solidale con gli editori e con gli scrittori arabi che, a causa del boicottaggio, saranno privati della possibilità di partecipare al Salon du Livre. 

nonfiction.fr. Allo stesso tempo un autore potrebbe rifiutare di partecipare al padiglione ufficiale dello Stato d’Israele, però venire al Salon du Livre come invitato da uno dei numerosi altri stand o da un editore? Lei non potrebbe venire per esempio sullo stand del Centre national du livre, o delle edizioni Gallimard?

Benny Ziffer: Sì, certamente. È quello che hanno fatto taluni autori, per es. lo scrittore palestinese di lingua ebraica Sayed Kashua, che non è nello stand ufficiale, ma sarà presente come invitato delle Editions de l’Olivier. Numerosi saggisti e giornalisti saranno pure presenti, ma non ufficialmente nel padiglione israeliano. 

nonfiction.fr. Lei è uno scrittore singolare, atipico, nei suoi romanzi parla della Turchia, di cui la sua famiglia è originaria, dell’Egitto dove le piace viaggiare, dell’omosessualità, tema poco frequente nella letteratura israeliana. È inclassificabile?

Benny Ziffer: Sì! Tutti gli scrittori sono inclassificabili. Ecco perché l’establishment ufficiale fa fatica a digerire i miei romanzi.

nonfiction.fr. C’è un’altra giornalista di «Haaretz», Amira Haas, che come lei è inclassificabile. È la sola giornalista israeliana a vivere nei territori palestinesi (ieri a Gaza, oggi a Ramallah). Legge i suoi articoli? Li apprezza? 

Benny Ziffer: Amira Haas è in effetti l’unica giornalista israeliana che vive a Ramallah. Prima viveva a Gaza. Rischia molto nella sua vita professionale e privata. È estremamente coraggiosa. È contemporaneamente una giornalista con un grande talento e una scrittrice che del resto ha deciso di prendere un anno sabbatico per scrivere. Anche lei sarà al Salon du Livre, a un dibattito, ma in modo autonomo rispetto agli invitati ufficiali. 

nonfiction.fr. Lei possiede un blog tra i più popolari in Israele in parallelo con i suoi articoli su «Haaretz». Crede all’avvenire della scrittura sul web, all’avvenire della letteratura sul web, alla vita di una critica letteraria su Internet, come si tenta di fare con nonfiction.fr? 

Benny Ziffer: All’inizio ero molto refrattario alla rete. Ma a partire dal momento in cui ho avuto il mio blog, ho scoperto che era una fonte infinita di possibilità per la scrittura, un nuovo mezzo per essere letti, senza la mediazione dell’editore o del giornale, e questo contatto diretto con i lettori mi piace. 

nonfiction.fr. Se nonfiction.fr la invitasse ci verrebbe, per farci piacere, al Salon du Livre questa settimana? 

Benny Ziffer: Ma io ci vengo! Non come invitato ufficiale ma come giornalista di «Haaretz». Devo “coprire” il Salon du Livre. Vengo a raccontare il boicottaggio.

 

 

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