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Venezuela: contro il terrorismo mediatico
Il 31 marzo scorso si è svolto a Caracas il Primo Incontro Latinoamericano contro il Terrorismo Mediatico. La scelta della capitale venezuelana è significativa: nel 2002 le emittenti private, sotto il controllo della oligarchia petroliera, ebbero un ruolo centrale nel tentato golpe contro il governo di Hugo Chavez. Quel tentativo fallì, ma durante le manifestazioni diversi cittadini, sostenitori del governo e non, rimasero uccisi dai proiettili sparati dai golpisti per alimentare i disordini.
Il
processo di trasformazione politica ed economica in atto in Venezuela
è oggetto di attacchi sistematici anche da parte dei mezzi
di comunicazione statunitensi e occidentali, e non solo di destra. La
costante denigrazione del governo venezuelano, tra sarcasmo e
mistificazione, mira a distogliere l’attenzione dalle
politiche sociali ed economiche che stanno garantendo alla maggioranza
povera del paese istruzione, lavoro, cure mediche, dignità.
Occorre precisare che i profitti derivanti dal petrolio venezuelano
sono stati per un quarantennio appannaggio di pochi miliardari, e in
buona parte drenati verso gli Stati Uniti. Si comprende quindi
perché le nazionalizzazioni, il tentativo di ridistribuzione
della ricchezza, l’emancipazione e l’integrazione
economica con i paesi latinoamericani e del Sud del mondo, in altre
parole la costruzione, per quanto difficile e contraddittoria, di
un’alternativa bolivariana e socialista al modello
capitalistico, siano oggetto di terrorismo – per ora
– mediatico. Pubblichiamo la traduzione della Dichiarazione
di Caracas, a cura di Ciro Brescia.
Maria
Vittoria Tirinato
Dichiarazione
finale del Primo Incontro
Latinoamericano contro il Terrorismo Mediatico
1. Noi giornalisti, comunicatori, studenti della comunicazione
dell’America Latina, Caribe e Canada, riuniti a Caracas in
questo primo incontro latinoamericano contro il terrorismo mediatico,
denunciamo l’uso delle falsificazioni da parte delle
transnazionali della comunicazione al fine di aggredire massivamente e
senza soluzione di continuità i popoli ed i governi che
lottano per la pace, la giustizia e l’inclusione.
2. Il terrorismo mediatico è la prima espressione e
condizione necessaria del terrorismo militare ed economico che il Nord
industrializzato impiega per imporre all’umanità
la sua egemonia imperiale ed il suo dominio neocoloniale. Come tale
è nemico della libertà, della democrazia e delle
società aperte e deve essere considerato come la peste delle
società contemporanee.
3. A livello regionale, il terrorismo mediatico, utilizzato come arma
politica al fine di rovesciare governi democratici di paesi come
Guatemala, Argentina, Cile, Brasile, Panama, Grenada, Haiti,
Perù, Bolivia, Rep. Dominicana, Ecuador, Uruguay e
Venezuela, è utilizzato, oggi, per sabotare qualsiasi
possibilità di accordo umanitario, o soluzione politica, del
conflitto colombiano e per regionalizzare la guerra nella zona andina.
4. L’attuale lotta democratica in Ecuador, Bolivia e
Nicaragua, insieme a Brasile, Argentina ed Uruguay e Messico, conferma
la volontà politica delle nostre società di
sbarazzarci dell’aggressiva e simultanea campagna di
diffamazione delle transnazionali informative e della SIP,
Società Interamericana di Stampa. Cuba e Venezuela
rappresentano chiaramente i colpi più vigorosi di questa
battaglia ancora aperta. Siamo inoltre obbligati ad approfondire i
nostri sforzi davanti alla drammatica situazione che attraversa il
giornalismo democratico in Perù, Colombia ed altre nazioni.
5. Tale incontro latinoamericano ha mostrato la necessità di
creare la Piattaforma Internazionale
contro il Terrorismo Mediatico che convoca ad un nuovo incontro, da
realizzarsi entro due mesi, al fine di coinvolgere altre
realtà come la
FELAP, La Federazione Latinoamericana
dei Giornalisti, che ha difeso in maniera esemplare il diritto alla
verità nella crescita delle coscienze dei popoli
latinoamericani e del Caribe, con la divisa che incarna i suoi
principi: per un giornalismo libero in libere patrie.
6. Impegnata a criminalizzare tutte le forme di lotta e resistenza dei
popoli, con il pretesto di una fallace nozione di sicurezza,
l’amministrazione fondamentalista di G.W. Bush si
è resa responsabile della sistematica aggressione terrorista
degli ultimi anni contro i mezzi di comunicazione alternativi, popolari
e comunitari, inclusi alcuni imprenditoriali.
7. L’informazione non è una merce. Come la salute
e l’educazione, l’informazione è un
diritto fondamentale dei popoli e deve essere oggetto di politiche
pubbliche permanenti.
8. Convinti che questa storia è cominciata 200 anni fa,
ratifichiamo l’impegno di coloro che ci hanno preceduti con
il proposito di indirizzarci ad un esercizio etico della nostra
professione, aderenti ai valori della democrazia reale ed effettiva ed
alla veritiera diffusione che si meritano i diversi pensieri, credenze
e culture.
9. Non solo la
SIP,
ma anche gruppi come RSF, Reporters Senza
Frontiere, rispondono ai diktat di Washington nel falsificare la
realtà e nella diffamazione globalizzata. In questo
contesto, la UE copre un ruolo vergognoso che contraddice
l’eroica lotta dei suoi popoli contro il nazifascismo.
1 0. Nella forgia dell’unità dei popoli
latinoamericani e caraibici, i firmatari di questa dichiarazione
chiamano i professori e gli studenti della comunicazione sociale a
considerare il terrorismo mediatico come uno dei problemi centrali
dell’umanità. Convochiamo i giornalisti liberi ad
impegnarsi, ad approfondire i loro sforzi nella costruzione della pace,
lo sviluppo integrale e la giustizia sociale.
11. Con questo spirito esortiamo tutti i capi di Stato
dell’America Latina e dei Caraibi ad includere il tema del
Terrorismo Mediatico, in tutti le riunioni e fori internazionali.
Caracas, 31 Marzo 2008
[4 giugno 2008]
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