home> scrittura/lettura> La funzione Fortini. Risposte al questionario II
Massimo Sannelli
1. Sono contemporaneo della stanchezza del pianeta e della tracciabilità di vite innaturalmente lunghe, come le nostre. La scrittura – che io non considero più un’arte – accompagna il fatto che tutto è in tutto, per tutti: prima di una spaccatura – interpretabile anche come santità naturale e necessaria – che renderà diversa la comunicazione, domani. Non esiste più una sola realtà, come non è mai esistita una sola lingua sotto un solo clima. Tutto è in tutto, e la scrittura non è libera di liberarsene.
2. La riduzione del poeta a giocatore non è umile. Il giocatore conosce e ostenta le regole del gioco: dunque anche la «forte componente metapoetica» o la profondità etica del suo lavoro. Di questa profondità autocritica io non rido; cerco di praticarla il più possibile; ma vale come virtuosità interna al collettivo italofono (e italografo), del tutto marginale nel mondo. Quanto a me: io non scrivo per fare poesia. Se dicessi che la poesia si serve di me direi o una cosa ridicola – ma vera – o un koan indimostrabile. In realtà, la metapoesia è la morte della poesia, e anche questa pagina di risposte è sia morte sia metapoesia. È molto meglio che la poesia muoia liberamente, senza gabbie e tavole autogestite. La sua morte non è futura, ma presente: si distrugge il Tempio (dell’uso della lingua, della lingua dell’uso), che sarà riedificato – molto diversamente, e per scopi diversi dalla sperimentazione di un nuovo verso o dalla riesumazione di una vecchia forma. La poesia uscirà dal dominio dell’arte: per il suo stesso bene, e non solo per il suo bene.
3. La formalizzazione può riguardare tanto le sillabe contate in un verso quanto la struttura di un libro. La questione della forma-libro è sempre fondamentale: o canzoniere o Liederbuch, come da sempre. Ma la poesia in versi non è tutta la poesia; e non tutta la poesia è poesia scritta; e non è solo verbale. Perché un gesto non dovrebbe essere poesia? Lo è. Lo sforzo e il progetto di cui parla Fortini sono caratteri universali: applicabili sia ad un arazzo di Alighiero&Boetti sia ad una pagina ben scritta (e soprattutto ad un libro di poesia.
4. La traduzione di un inedito è l’immissione del nuovo in ciò che è meno nuovo: quasi un virus, come furono virali i Canti pisani di Pound. Ogni giorno la nostra mente traduce, così come censura e tace. Quanto al mio «rapporto con la poesia contemporanea in lingua straniera», considero una lingua straniera anche l’italiano scritto: perché non è una lingua veramente – e spontaneamente – parlata e perché i soli poeti contemporanei che abbia veramente amato e studiato sono Rosselli e Pasolini (la prima non era italiana, né per formazione né per origine; il secondo non era più un poeta nel senso tradizionale). «Il futuro è tolto ai nostri giorni»: sussurri tra Leopardi e un’assente di cui si può solo toccare la mano, solo per un istante, e solo in sogno. Intendo come allegorie sia la donna sia la mano.
5. L’ardore intellettuale crea formule, compresa quella di una «funzione Fortini». Queste formule non guardano l’idea più semplice – il pubblico –, senza il quale una forma non è una forma, ma un’ombra o un embrione disseccato, in una «cieca stanza». Il pubblico non è considerato un problema critico o intellettuale: infatti il pubblico non c’è, in mancanza di una vera vocazione pubblica (del poeta nei confronti del pubblico, non del pubblico nei confronti del poeta). Così Fortini è vivo e già morto; ancora vivo e non ancora morto del tutto; e morto, rispetto ad istanze che il mondo – non fatto solo di particelle italiane, e minimamente italofono – ha creato nuove, insieme ad una moltitudine di giovani, per i quali la nostra tradizione non è niente. [Di questa commistione, a dire il vero, Fortini è stato un emblema vivo, come Saulo: ebreo e protestante, rigoroso fino all’eccesso – dunque straniero, per molti motivi, nella patria in cui era profeta. Ma per Fortini, prima di tutto italiano, la tradizione italiana era qualcosa: oggetto dell’amore, prima che dello studio].
[5 giugno 2008]
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