home> scrittura/lettura> La funzione Fortini. Risposte al questionario II
Annalisa Manstretta
1 Sicuramente il crollo dei due blocchi contrapposti e il dispiegarsi della globalizzazione sono stati i principali agenti di cambiamento. Uno dei maggiori effetti di tutto ciò, per quello che è anche la mia esperienza personale (insegno in una scuola media e mi occupo di accoglienza dei ragazzi stranieri neoarrivati in Italia) è stato l’avviarsi di imponenti flussi migratori che hanno creato l’attuale situazione di multietnicità che caratterizza ormai il nostro Paese. Tutto ciò era impensabile trent’anni fa quando ogni gradino della scala sociale era ancora occupato da nostri concittadini. Per quel che riguarda le ricadute sulla mia produzione poetica, direi che mi è aumentata la consapevolezza di scrivere in una lingua tutto sommato minoritaria e in continua evoluzione anche a causa dell’uso approssimativo, ma a volte creativo di tutti questi nuovi italofoni.
2 Sicuramente la riflessione metapoetica, che comunque è sempre presente nel fare artistico di un poeta minimamente consapevole delle caratteristiche storiche e sociali dell’arte in cui si muove, è maggiormente sollecitata oggi anche a fronte delle considerazioni fatte sopra. Tuttavia sono dell’avviso che tale riflessione è meglio che avvenga prima rispetto alla stesura di un testo e non durante. Temo che troppo spesso, così facendo, si corra il rischio di ridurre un testo poetico ad un mero esercizio tecnico che toglie nerbo al testo e lima sempre più il senso forte del fare poesia. Troppo spesso questo atteggiamento sottintende la convinzione che nulla più ci sia da dire e questo né lo credo né lo vivo né lo scrivo.
3 Una forte distanza critica tra soggetto lirico e oggetto poetico non corrisponde esattamente al mio modo di fare poesia. Certo la distanza c’è e si sente nel momento in cui dall’istanza lirica si deve passare ad un testo scritto in una determinata lingua e, per giunta, un testo tale per cui il lettore lo riconosca come testo poetico e non altro. Ma ‘forte distanza’ mi pare eccessivo, soprattutto se detto da un poeta. Il soggetto lirico e la sua forma sono un po’ come due amanti: si cercano e si trovano più per passione che non attraverso un lucido raziocinio. Io non ho mai preso a tavolino la decisione di come dare forma ad un mio testo e neppure mi è avvenuto di dover cercare un soggetto dal momento in cui avevo in testa di ‘fare’ una forma. Per quel che riguarda l’assetto sociale ed economico, certo che c’è una forte implicazione tra testo poetico e momento storico in cui è stato scritto, del resto è così per le strutture abitative per il senso morale, per i valori e per tutto quanto è conseguenza del, diciamo così, ‘principio umano’.
4 Non sono un traduttore, ma il mio rapporto con la traduzione è forte in quanto ne sono una grande fruitrice. Ho letto e leggo tantissima poesia straniera il che mi ha consentito di ampliare di gran lunga la gamma dei toni poetici possibili oltre a mettermi in contatto con forti personalità presenti e passate.
5 È difficilissimo per me rispondere a questa domanda. Credo comunque che una forte politicizzazione del testo poetico, il costruire versi che gridino un impegno duro riducano una poesia ad una non poesia. Certo la poesia, se occorre, in momenti cruciali o di fronte a crimini scellerati non deve sottrarsi, ma i suoi modi di denuncia, se vuol rimanere tale e non ridursi a slogan o a ideologia in versi, sono molto più umbratili, trasversali. Questo non impedisce ad un poeta di fare politica in modo attivo, e io non sono contraria a che i poeti lo facciano qualora lo sentano come fortemente necessario, ma in quel caso verranno utilizzati altri mezzi di espressione più diretti e incisivi.
[12 settembre 2008]
home> scrittura/lettura> La funzione Fortini. Risposte al questionario II