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Ángel Petisme tra antico e moderno
Amaranta Sbardella
“Sono l’uomo che in silenzio/ è rimasto sotto i suoi
versi, i suoi baci,/ la sua musica, il suo desiderio”.
Ángel Muñoz Petisme, giovane “bardo” spagnolo nato a
Catalayud cinquant’anni fa, si mette a nudo nelle proprie poesie,
così come nelle proprie canzoni, lasciando che i lettori si
cullino nelle suggestioni di potenti immagini della
quotidianità, o nelle sopravvivenze della tradizione classica
nel mondo del ventunesimo secolo. Argonauti, Arianne, angeli
apocalittici palpitano accanto a Harry Potter, volti noti accompagnano
in un triste walzer gli anonimi perseguitati delle guerre irachene, ai
quali Petisme cerca di ridare canto nella miseria della distruzione.
Solo in questo convivere armonico di elementi lirici e prosastici, il
mare, che ha una voce di secoli e naufragi, può esprimersi a
bassa voce come un walkman dalle pile guaste. O un bancomat assaltato
può divenire la chiave di accesso alla felicità.
Nelle poesie, propaggini delle vene del poeta, scorre il magma della
vitalità, di un’immersione panica nell’eterno
cangiare di stelle e dune; allo stesso tempo vi si cristallizzano i
frenetici e convulsi paesaggi metropolitani, le sfilate di persone e
cose davanti agli occhi indagatori del poeta.
“Bardo” ma anche giullare della poesia postmoderna spagnola, Petisme
tratteggia gli eroi delle sue poesie e se stesso con l’ironia
disincantata di un uomo che non accetta compromessi, che preferisce
allontanarsi dalla massa affinché la propria voce e i propri
colori non perdano intensità né melodia.
Inserito nel 1985 dal poeta e critico Luis Antonio de Villena
nell’antologia dei Postnovísimos spagnoli (che
raccoglie anche opere di autori più conosciuti in Italia, come
Blanca Andreu e Leopoldo Alas Mínguez), ha poi preferito
“suicidarsi cambiando lavoro, comprarsi una chitarra elettrica e
recarsi in Abissinia alla ricerca di fortuna, come trafficante di
sogni”, al pari di Rimbaud, piuttosto che “diventare un
giocattolo rotto”1. Alternando dischi a raccolte di
poesie, ha continuato ad esser presente sulla scena alternativa
spagnola e ha mantenuto con i lettori un rapporto diretto tramite un
blog, Petisweb, sul quale pubblica generosamente le stesse poesie che
poi saranno raccolte in edizioni.
Petisme lascia trasparire la propria cultura in continui rimandi a
scrittori poeti pittori del mondo antico e moderno ma sceglie di non
seguire nessun modello, affidando all’unicità delle
proprie percezioni l’autorialità di una poetica
volutamente poco inquadrabile. La sua poesia si fa a volte prosa, a
volte canzone; piana, scorrevole e musicale, si frastaglia e incalza
quando la giocosità e la nostalgia cedono il passo a profonde
riflessioni esistenziali o, ancora più, quando l’opera
diviene lo strumento privilegiato per una critica delle speculazioni e
delle violenze del mondo contemporaneo. Come se il poeta non possa
rassegnarsi all’indifferenza e alla monotonia dell’uomo
occidentale.
Con lo scopo di rendere una
panoramica quanto più esaustiva possibile della produzione di
Petisme, ho scelto di non affidarmi a una singola raccolta ma di
spaziare in dieci anni di poesia, individuando quelle opere che forse
più di altre raccontano il Petisme poeta e uomo. Dopo
un’attenta ricerca, mi sono resa conto del fatto che traduzioni
italiane di Petisme non sono reperibili, ragion per cui ho creduto
necessario far conoscere nel nostro paese questo artista così
particolare.
Apre il lavoro un autoritratto lirico, Autoritratto con scarpette
verdi, nel quale Petisme rivendica le proprie emozioni, colori e
opinioni. Un’altra poesia incentrata sull’io del poeta, Nastro
trasportatore, chiude la prima parte. Al suo interno ho voluto dare
una prova della versatilità dell’autore, inserendo, tra le
altre, una poesia d’amore,
Regina dei miei segreti, e una rivisitazione del mito di
Arianna, Arianna.
Al pari di Marguerite Yourcenar, che nel testo teatrale Qui
n’a pas son Minotaur? descrive le vestigia del Labirinto
quali resti di una festa2, Petisme immagina la
relicta Arianna come una venditrice di biglietti di una fiera,
il Labirinto come una giostra e l’isola di Nasso come un motel
nel quale si consuma il fugace incontro tra Teseo e Arianna.
La seconda e ultima sezione prende in considerazione due sole poesie,
le quali preludono e testimoniano l’interesse di Petisme per la
situazione mediorientale.
Bin Laden accarezzava le mie gengive riflette sarcasticamente
sulla reazione del mondo occidentale all’attentato terroristico
delle Torri Gemelle. La data segna, a mio parere, anche un punto di
svolta nella produzione di Petisme, giacché l’autore
intraprenderà viaggi in Iraq, Palestina, e cercherà in
tutti i modi di sensibilizzare il popolo spagnolo alle brutalità
della guerra.
Domicilio privato, letto in questo senso, è un dolce e delicato appello
alla pace, il ritratto di una famiglia araba che contrasta l’esasperante attesa
dei militari assassini con la rituale e perciò rassicurante vita quotidiana.
note
1. A. Petisme, Teoría del color: Antología 1977-2006, Madrid, Sial, 2006, p. 11.
2. “Nessuno. Siamo in
un posto in abbandono: manifesti strappati, vecchia ferraglia. Sembrano i resti
di una fiera la mattina del 15 luglio. (…) Teseo dunque si è battuto contro
questi muri di cartapesta, contro queste pareti ricoperte di specchi
deformanti?” afferma Autolico, il nocchiero della nave di Teseo. M. Yourcenar,
Tutto il teatro, Milano, Bompiani, 1997, pp. 353-354.
***.
NOTA BIOGRAFICA:
Ángel Muñoz Petisme nasce a
Catalayud, in Aragona, nel 1961. Sin dall’infanzia risiede nella capitale
spagnola, dove anima la vita culturale con letture e concerti. Petisme si reca
spesso nei focolai di guerra africani e mediorientali per schierarsi dalla parte
della popolazione ed esibirsi in concerti. Il suo impegno trova espressione in
alcune sue opere, come El cielo de Bagdad (2004) e Imsomnio de
Ramallah (2005).
La prima raccolta di poesie, Cosmética y terror, compare nel 1984, due
anni prima della pubblicazione della già citata antologia Postnovísimos,
che decreta la popolarità dell’autore. Nel corso di questi venticinque anni
hanno visto la luce quindici raccolte di poesie, di cui una, Teoría del color
(Antología 1977-2006), è in realtà un florilegio che raccoglie al suo
interno anche componimenti inediti. Cinta transportadora (2008) ha vinto
il VII Premio Internazionale di poesia Claudio Rodríguez.
Accanto alla produzione poetica, è doveroso citare alcuni suoi album musicali,
che hanno ricevuto numerosi consensi dal pubblico e dalla critica: Cierzo
(1997), Éxitos secretos (2006), Río Ebrio (2009).
1. AUTORITRATTO CON SCARPETTE VERDI | 1. AUTORRETRATO CON ZAPATILLAS VERDES |
Sono
un uomo che vorrebbe esprimere il segreto delle cose, l’emozione del mondo, le prigioni di fango; che ha scatenato i nervi del riso e delle lacrime. Sono un uomo che vorrebbe dimenticare quando amava, che amando senza orgoglio ha voluto capirsi e godere, godere della luce interiore. Sono un uomo che si è sparso sulla vita e sulla carta, non come il mercurio, ma come un liquore denso e impetuoso; che ha cercato nei sogni oscuri l’aroma misterioso e sincero del primo giorno della creazione. Sono l’uomo che in silenzio è rimasto sotto i suoi versi, i suoi baci, la sua musica, il suo desiderio; che è sceso ai bancomat della solitudine per rubare un unico raggio di sole. Sono un uomo, sospetto, senza un finale felice perché ho sfregiato, sino a svenire, tele di brivido, perché mi son fuso con sangue proibito e non ho permesso che il fantoccio puritano e furbo mi rimpiazzasse. Sono un uomo che ha ingurgitato i vascelli di tutte le bottiglie e ha tentato la luna col suo pianoforte giocattolo; un uomo con muscoli di cannella che ha camminato sulle onde con queste vecchie scarpette cinesi. Ho passato i trenta e questo mondo non si è accorto ancora che sono morto. E’ stato questo il prezzo della convulsione. |
Soy
un hombre que quería expresar el secreto de las cosas, la emoción del mundo, las prisiones de barro; que desató los nervios de la risa y las lágrimas. Soy un hombre que quería olvidarse cuando amaba, que amando sin orgullo se quiso comprender y gozar, gozar de la luz interior. Soy un hombre que se derramó sobre la vida y el papel, no como el mercurio, sino como un licor espeso y torrencial; que buscó en los sueños oscuros el aroma misterioso y sincero del primer día de la creación. Soy el hombre que quedó por debajo de sus versos, sus besos, su música, su deseo en silencio; que descendió a los cajeros automáticos de la soledad para robar sólo un rayo de sol. Soy un hombre, sospecho, sin un final feliz por acuchillar hasta desvanecerme lienzos de escalofrío, por mezclarme con sangres prohibidas y no dejarme suplantar por el muñeco puritano y astuto. Soy un hombre que se tragó los buques de todas las botellas y tentó a la luna con su piano de juguete; un hombre con músculos de canela que caminó sobre las olas con esas viejas zapatillas chinas. He pasado los treinta y este mundo aún no se ha enterado de que he muerto. Ése ha sido el precio de la convulsión. |
(Autorretrato con zapatillas verdes, da A. Petisme, Constelaciones al abrir la nevera, Madrid, Hiperión, 1996, pp. 21-22)
* * *
2. IL SENTIERO DELLA BELLEZZA | 2. LA SENDA DE LA BELLEZA |
Tu che conti le stelle del cielo e segui i loro spostamenti per le rotte del mare, tu che hai morso le labbra profonde della pioggia e hai seminato le spore del vento, tu che ogni uccello dello stormo riconosci dal canto e che estrai da ogni volto la sua luce, la sua differenza, ferma per me scorciatoie del mondo e fandonie, mostrami senza esitazione il sentiero insolente e terribile della bellezza. Dammi la forza oscura, quella forza del sole che straccia le nubi e i campi antichi emoziona d’oro e fammi introdurre nelle fessure del tuo cuore, annientare senza parlare, rabbrividire sino al deliquio. Tu che hai imparato nel dolore a proteggere il fuoco che nomina le cose, tu che non anneghi le voci dell’istinto negli oli infiniti del Tempo, tu che navighi nell’iride di bambini danzanti e nella cornea biliosa di angeli sconfitti, chiudi per me l’autostrada grigia dell’informazione, mostrami con urgenza il sentiero pericoloso e feroce della bellezza. Dammi la forza oscura, quella forza spartana dell’Aquila che si avventa sui maremoti fino a saziarsi di stelle di mare, fammi introdurre nelle fessure del tuo cuore, inondarmi senza parlare sino a perdere la lucidità. Tu che conosci le arti della navigazione e liberi i delfini dalle reti a strascico, tu che non dimentichi i sacrifici e sopporti la crisi, la fatalità che nasce tra il lampo e il tuono, tu che sei stato invitato a giacere con fanciulle dai tratti ammalianti, ferma per me scorciatoie del mondo e fandonie, mostrami senza esitazione il sentiero insolente e terribile della bellezza. E se una notte arrivassi a sospettare che questo sentiero di tizzoni azzurri non è mai esistito, questo marciapiede anonimo di spine, se questa notte dell’anima giungesse, lasciami cadere sulla lingua, per favore, fiori di cicuta……. |
Tú que cuentas las estrellas del cielo y sigues sus mudanzas por las rutas del mar, tú que has mordido los labios profundos de la lluvia y has sembrado las esporas del viento, tú que distingues por su canto a cada pájaro de la bandada y que extraes de cada rostro su luz, su diferencia, bloquéame los atajos del mundo y la patraña, muéstrame, sin tardanza, el camino insolente y terrible de la belleza. Dame la fuerza oscura, esa fuerza del sol que rasga nubes y los campos antiguos emociona de oro y déjame colarme por las rendijas de tu corazón, aniquilarme sin hablar, estremecerme hasta el desmayo. Tú que has aprendido en el dolor a preservar el fuego que da nombre a las cosas, tú que no ahogas las voces del instinto en los aceites infinitos del Tiempo, tu que navegas en el iris de los niños danzantes y en la córnea biliosa de ángeles derrotados, ciérrame la autopista gris de la información, muéstrame con urgencia la senda peligrosa y feroz de la belleza. Dame la fuerza oscura, esa fuerza espartana del Águila que se precipita sobre los maremotos hasta saciarse de estrellas de mar, déjame colarme por las rendijas de tu corazón, inundarme sin hablar hasta perder la lucidez. Tú que conoces las artes de la navegación y liberas los delfines de las redes de arrastre, tú que no olvidas los sacrificios y sufres la crisis y la fatalidad que nace entre el relámpago y el trueno, tú que has sido invitado a yacer en el lecho de las doncellas de embrujadores rasgos, bloquéame los atajos del mundo y la patraña, muéstrame, sin tardanza, la senda insolente y terrible de la belleza. Y si una noche llegara a sospechar que nunca ha existido ese camino de ascuas azules, esa vereda anónima de espinas, si esa noche del alma llegara, abandona en mi lengua, por favor, las flores de cicuta.. |
(La senda de la belleza, da A. Petisme, Constelaciones al abrir la nevera, Madrid, Hiperión, 1996, pp. 49-50)
* * *
3.REGINA DEI MIEI SEGRETI | 3.REINA DE MIS SECRETOS |
Andremo nel deserto e in mari d’aurora dovunque ci porti quella canoa che è il mio cuore e che ogni alba rigurgita l’Atlantico. Tu sarai il mio peccato, io la statua di sale che sorride quando la guardi, spiegherò le mie ali per i tuoi megapixel, nudo nella tempesta di questo ballo di viscere e maschere. E poi conducimi alla Casa degli Attimi, scioglierò la sua neve, spanderò balsami sulla tua ombra ferita, mi prenderò cura di te, fa’ l’amore con l’angelo che ti ha reso infinita, ti canterò in arabo le ninnananne che a Kabul e Faluya le madri sussurrano ai figli, mai nessuno mi ha distillato il cielo come hai fatto tu, senza nemmeno sfiorarmi, solo i grandi poeti e i viaggiatori nel tempo. Esplosione di stelle, la sento sulla mia pelle più vera di Atlantide, sei giornate sonnambule nella più solitaria Biblioteca del Mondo, vorrei entrare in te come in una prateria di nubi e perdono. Piove copiosamente sulla terra e voglio renderti la donna più felice dei cieli. Mi hai regalato l’arcobaleno quando il dolore già mi aveva fatto cieco spiaggia d’inverno, amore dei miei quaranta, non ho mai tremato così prima di conoscerti. Voliamo via, tesoro, anche se per un attimo o per tutta [l’eternità, amore senza fumo dei miei giorni di miele, Mi lascerò vivere, regina dei miei segreti. |
Iremos al desierto y a mares de madrugada, donde nos lleve ese cayuco que tengo por corazón y cada amanecida regurgita el Atlántico. Tú serás mi pecado, yo la estatua de sal que sonríe al mirarla, desplegaré mis alas para tus megapixels, desnudo bajo la tempestad de este baile de vísceras y antifaces. Y después llévame a la Casa de los Instantes, derretiré su nieve, extenderé los bálsamos sobre tu sombra herida, yo cuidaré de ti, hazle el amor al ángel que te hizo infinita, te cantaré en árabe las nanas que las madres susurran a sus hijos en Kabul y Faluya, nadie me destiló el cielo como tú sin apenas rozarme, sólo los grandes poetas y viajeros del tiempo. Estampida de estrellas, la siento sobre mi piel más real que la Atlántida, seis jornadas sonámbulas en la más solitaria Biblioteca del Mundo; quisiera entrar en ti como en una pradera de nubes y perdón. Llueve copiosamente sobre la Tierra y quiero hacerte la mujer más feliz de los cielos. Me has regalado el arco iris cuando el dolor ya me había cegado, playa de invierno, amor de mis cuarenta, jamás temblé así antes de conocerte. Volemos, cariño, aunque sea un ratito o toda [la eternidad, amor sin humo de mis días de miel, voy a dejarme vivir, reina de mis secretos. |
(Reina de mis secretos, da A. Petisme, Demolición del Arco Iris, Zaragoza, Baile del Sol, 2008, pp. 25-26)
* * *
4. LA ZATTERA DELLA MEDUSA | 4. LA BALSA DE LA MEDUSA |
Neanche il mare stanotte dorme, come me. Ha voce di secoli e naufragi, il mare stanotte parla piano come un walkman dalle pile scariche. Da bambino ho urtato su un monte contro un’ancora. Ho grattato via con le dita e conchiglie e anemoni brillavano al sole. Ci hanno presentato tardi, il mare e me, a Vinaroz, e quando ascoltai il suo pianto e le sue mille partiture l’ho scambiato per un miracolo. Quanta pazzia dell’uomo c’è nel mare? Da grande, madre, voglio essere un impiegato del mare, una vedetta che accenda i fuochi e dalla torre faccia segnali alle navi. Ricordo ancora la mia promessa. Paziente e testardo, con i suoi cigni ebbri, la risata da elettroshock, i suoi segreti non lo lasciano dormire. Con occhi da crooner e zampe da gallo, ogni sera cambia umore, colore, correnti. Il mare e io abbiamo bisogno di sognare, di una cura del sonno da qui all’Apocalisse… E questo Camaleonte alza i suoi carillon: di nenie, estasi, collera e dolore. Il mare odia il Figlio di Dio, è saturo di altari e catacombe, ma non immaginate come odia il Figlio di Dio. Dal miracolo dei pani e dei pesci gli uomini graffiano il suo silenzio per prendergli più del necessario. Il mare odia Bill Gates e odia la Rete delle reti perché i bambini navigano solo in Internet. Il mare è un paese di pienezza, una fede antica, per noi che bruciamo tutte le bandiere. Ma, stonato per la sbornia, stanotte il mare dice cose senza senso: Géricault, Theodore Géricault, non fategli dipingere La zattera della Medusa! |
El mar tampoco duerme esta noche, como yo. Tiene una voz de siglos y naufragios, habla despacio esta noche el mar como un walkman con las pilas gastadas. De pequeño me topé con un ancla en lo alto de un monte. Escarbé con los dedos y las conchas y anémonas brillaron bajo el sol. Al mar y a mí nos presentaron tarde, en Vinaroz, y yo lo confundí con un milagro cuando escuché su llanto y sus mil partituras. ¿Cuánta locura del hombre cabe en el mar? De mayor, madre, quiero ser funcionario del mar, un vigía que encienda fuegos y haga señales a los barcos desde la torre. Todavía recuerdo mi promesa. Terco y paciente, con sus cisnes ebrios, su risa de electroshock, sus secretos no le dejan dormir. Con sus ojos de crooner y sus patas de gallo, cambia de ánimo, de flujos, de color cada tarde. El mar y yo necesitamos sueños, una cura de sueño de aquí al Apocalipsis… Y abre sus cajas de música ese Camaleón: de arrullo, éxtasis, cólera y dolor. El mar odia al Hijo de Dios, está lleno de altares y catacumbas, pero no sabéis como odia al Hijo de Dios. Desde el milagro de los panes y los peces los hombres arañan su silencio para extraer más de lo necesario. El mar odia a Bill Gates y odia la Red de redes porque los ñinos navegan sólo por Internet. El mar es un país de plenitud, una fe antigua, para los que quemamos todas las banderas. Pero esta noche el mar como sonado entre las curda Dice cosas incoherentes: ¡Gèricault, Theodore Géricault, no le dejéis que pinte La balsa de la Medusa! |
(La balsa de la Medusa, da A. Petisme, Demolición del Arco Iris, Zaragoza, Baile del Sol, 2008, pp. 27-8)
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5. ARIANNA | 5. ARIADNA |
Arianna si aggira per strade di cristallo la festa è finita e domani la fiera raccatterà le tende, le donne ragno, le pesche di beneficenza, i trapezisti tristi, i banchi delle caramelle e i vecchi cavallucci di legno torneranno là dove i bambini li chiamano a bassa voce. Il dolore la protegge. Ma questa notte Arianna, mentre volti amorfi e allegria d’altri sfilavano davanti al botteghino del Labirinto, ha di nuovo ricordato le promesse, il sangue secco del fratellastro sotto le unghie dell’amato Teseo, il suo lato vuoto, ancora caldo, tra le lenzuola di un motel di Nasso… E ora si incammina per strade di cristallo verso l’interno, verso boschi di ombre interminabili e caverne di specchi e videogiochi. Il dolore è il suo scudo. Il vento gelido che intaglia negli angoli il profilo di maschere mortuarie non intacca il cuore nomade di Arianna, anche senza i fili che la uniscono al mondo, senza gli echi del desiderio che la legano alla terra, Arianna, sprofondata in sé come un vascello fantasma, ha rinunciato a tutto e indirizza i suoi timidi passi al richiamo di sogni ostili. Il dolore è suo alleato. |
Ariadna camina por calles de cristal, ha acabado la fiesta y mañana la feria recogerá sus carpas, sus mujeres-araña, sus tómbolas, sus trapecistas tristes, sus puestos de cucherías, y los viejos caballitos de madera partirán al lugar donde los niños les nombran en voz baja. El dolor la protege. Pero esta noche Ariadna, mientras desfilaban rostros anodinos y ajena alegría por la taquilla del Laberinto, ha recordado de nuevo las promesas, la sangre seca de su hermanastro entre las uñas de su amado Teseo, su lado vacío, todavía caliente, entre las sábanas de un motel de Naxos.... Y ahora se incamina por las calles de cristal al interior, hacia los bosques de interminables sombras y cavernas de espejos y videojuegos. El dolor es su escudo. El viento gélido que talla en las esquinas el perfil de máscaras mortuorias no mella el corazón nómada de Ariadna, y sin los hilos que la unen al mundo, sin los ecos del deseo atándola a la tierra, Ariadna, ensimismada como un barco fantasma, ha renunciado a todo y a la llamada de los sueños hostiles dirige sus tímidos pasos. El dolor es su aliado. |
(Ariadna, da A. Petisme, Constelaciones al abrir la nevera, Madrid, Hiperión, 1996, pp. 29-30)
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6. NASTRO TRASPORTATORE | 6. CINTA TRANSPORTADORA |
Il mio cuore è una carta d’imbarco all’incrocio di sentieri del circolo polare per il Grande Silenzio che cerca le mie labbra. Senza galli che lo sveglino, senza kiwi a colazione. Senza pietà. Il mio cuore è un fossile astrale. una valigia non reclamata che gira sul nastro trasportatore. |
Mi corazón es una tarjeta de embarque a un cruce de caminos del círculo polar, a un Gran Silencio que me busca los labios. Sin gallos que le despierten, sin kiwis al desayuno. Sin piedad. Mi corazón es un fósil astral. Una maleta no reclamada que gira en la cinta transportadora. |
(Cinta transportadora, da A. Petisme, Cinta transportadora, Madrid, Hiperión, 2009 da www.soynomada.com)
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7. BIN LADEN ACCAREZZAVA LE MIE GENGIVE | 7. BIN LADEN ACARICIABA MIS ENCÍAS |
Dov’ero io l’11 settembre del 2001? Primo piano: poltrona del dentista, anestetizzato dall’alto in basso sotto il Grande Flexo. Un bel respiro, non apra gli occhi … Una spiaggia cobalto sotto le palme una nera dallo sguardo color smeraldo, no, lascia stare la nera, solo la spiaggia, le palme, e il cielo che nuota nel mare! Mentre il tornio faceva il suo lavoro dall’altra parte dell’auricolare la madre dell’infermiera, la terza guerra mondiale, i figli del dentista, la moglie, tutti con un piano d’evacuazione paura, paura, Hiroshima in diretta …. Bin Laden accarezzava le mie gengive, il suo pianista epilettico suonava sui miei incisivi l’Uccello di Fuoco. Due uccelli di fuoco, che ironia, e un golpe militare su scala mondiale. Anestesia, più anestesia per tutti. La Regina Bianca aveva perduto le sue due torri, io due denti che conservo sotto il cuscino. Dissolvenza in nero. |
¿Que dónde estaba yo el 11 de septiembre
de 2001? Primer plano: Tumbona del dentista, anestesiado de norte a sur bajo el Gran Flexo. Respira hondo, no abras los ojos… Un playa cobalto bajo las palmeras, una negra de mirada esmeralda, ¡no, quita la negra, sólo la playa, las palmeras y el cielo braceando en el mar! Mientras el torno hacía de las suyas al otro lado del auricular la madre de la enfermera, la tercera guerra mundial, los hijos del dentista, su mujer, todos tenían un plan de evacuación, miedo, miedo, Hiroshima en directo… Bin Laden acariciaba mis encías, tocaba sobre mis incisivos el Pájaro de Fuego su pianista epiléptico. Dos pájaros de fuego, qué ironía, y un golpe militar a escala planetaria. Anestesia, más anestesia para todos. La Reina Blanca había perdido sus dos torres, yo dos dientes que guardo bajo la almohada. Fundido a negro. |
(Bin Laden acariciaba mis encías da A. Petisme, Demolición del Arco Iris, Zaragoza, Baile del Sol, 2008, p.13)
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8. DOMICILIO PRIVATO | 8. DOMICILIO PRIVADO |
Ci sono molte ombre, ma non sono vere. Non sei l’unica ad aver paura. Apri gli occhi, dimmi che sei qui con me, ho bisogno della tua bocca nelle notti d’amore, dell’odore del tuo ventre, terra bagnata. Quando busseranno alla porta i fucili ho bisogno dei tuoi occhi a nove o dieci centimetri. Sei bella come un bosco d’inverno, rimarrò a lottare, non mi importa del futuro. Se fuggiamo ora, Samiah, fuggiremo per tutta la vita. Non aver paura, amore mio. Prepara il tè, Amir, continuiamo a fare le cose di sempre. Mettiti a letto, Karim, ti leggo una storia. |
Hay muchas sombras pero no son reales. No eres la única que tiene miedo aquí. Abre los ojos, dime que estás conmigo. Necesito tu boca en las noches de amor, el olor de tu vientre como tierra mojada. Necesito tus ojos a nueve o diez centímetros cuando golpeen la puerta las culatas. Eres tan hermosa como un bosque en invierno. Me da igual el futuro, me quedaré a luchar. Si huyésemos ahora, toda la vida Samiah estaríamos huyendo. No tengas miedo amor. Prepara el té, sigamos haciendo los deberes Amir. Acuéstate Karim, ahora te leo un cuento. |
(Domicilio Privado, da A.
Petisme, Insomnio de Ramalah, in A. Petisme, Teoría del color:
Antología 1977-2006, Madrid, Sial, 2006, p. 41)
[21 maggio 2010]
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