home> recensioni> Anna Maria Rivera. Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo


Anna Maria Rivera,
Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo
Dedalo, Bari 2009


Luca Lenzini

In Regole e roghi Annamaria Rivera, antropologa e intellettuale militante, raccoglie interventi pubblicati lungo dieci anni in giornali e riviste sul tema del razzismo: o meglio, come ben esplicita (ed articola) l’introduzione, del «razzismo nell’epoca della sua riproducibilità mediatica» (p. 9), fenomeno proprio e specifico dei nostri anni. Che si tratti di un nodo cruciale per l’interpretazione della società contemporanea e delle sue trasformazioni, è ormai chiaro a tutti, e non è dato aggirarlo, né sottovalutarlo come riproposizione di temi puramente regressivi: sia la dimensione raggiunta dai processi economico-sociali legati alla cosiddetta “globalizzazione”, sia la «saldatura», operata grazie ai media ed evidenziata in apertura dalla studiosa, del «razzismo istituzionale con il razzismo popolare» (p. 13) ne ribadiscono la natura tanto complessa quanto intrinseca (e perciò inedita) alle modalità dello sviluppo capitalistico a cavallo del nuovo millennio (tanto inedita, che la stessa parola “razzismo” suona persino riduttiva).Proprio la «saldatura» indicata da Rivera nell’Introduzione costituisce la “costellazione” decisiva, che contrassegna l’ultimo decennio italiano. E qui – come in altri casi – salta il quadro delle categorie tradizionali con cui si era soliti differenziare le concrete politiche di “destra” e “sinistra”: nelle leggi emanate in materia (Turco-Napolitano, Bossi-Fini) dai vari governi in carica e nella serie di eventi commentati puntualmente nel libro, infatti, è venuta sempre più chiaramente in luce, di “emergenza” in “emergenza”, la sudditanza della sinistra – nel suo miserevole progetto di “modernizzazione” - rispetto alla manipolazione mediatica e alla politica “sicuritaria”, dall’affondamento nel canale d’Otranto della “Kater I Rades” (1997), ai fatti di Venaria Reale (1999) giù fino ai recenti “caso Reggiani”, “stupro della Caffarella” e via dicendo. Ebbene, ripassare questa successione è estremamente istruttivo in quanto, come nota Rivera, il razzismo si costruisce e consolida giorno dopo giorno per accumulo di “banalità”, ovvero per la diffusione, per nulla innocente - vi sono infatti «imprenditori del razzismo» e «organizzazioni dell’intolleranza» - di alcuni luoghi comuni, anzi di un linguaggio, si direbbe, che i mezzi di comunicazione trasmettono naturalmente. Va così preso atto che, di fatto, un “partito unico”, dietro lo schermo delle polemiche e degli slogan contrapposti, governa effettivamente il nostro paese, e che esso trova espressione unitaria e organica nelle soluzioni proposte – C. P. T., schedature, ronde, ecc. - non certo per risolvere i “problemi dell’immigrazione” ma per offrire una conciliazione ideologica (cioè falsa) di contraddizioni reali, le cui (vere) origini vengono perciò occultate, travestite (in questo senso l’osceno eufemismo dell’espressione “respingimento” rivela i meccanismi di rimozione alla base di questi processi).
Altrettanto importante, in questo quadro di metamorfosi reali e false invarianze, è un altro elemento messo in rilievo sempre nell’introduzione di Regole e roghi, laddove Rivera nota che in Italia «il sistema mediatico oggi si configura ormai come un nuovo sistema istituzionale informale, che ingloba la politica nello spettacolo e anzi la trasforma in spettacolo» (p. 21, corsivo del testo). Tale spettacolarizzazione (informale ma istituzionale, si noti bene il paradosso) risulta particolarmente funzionale in un contesto, come quello del nostro paese, in cui è visibile «l’assenza di un modello “d’integrazione” chiaro e definito» (p. 14) e nel quale, si aggiunga, a tale assenza non per caso corrisponde una continua rimozione del proprio passato prossimo (pp. 32 segg., con significativo richiamo a De Martino). Di qui l’efficacia della saldatura sopra ricordata, tanto più pervasiva, anche nei ceti più esposti alla crisi economica, quando si tenga conto della peculiare debolezza congiunturale: infatti «l’Italia entra nel novero dei paesi d’immigrazione in un periodo in cui sono già avvenute profonde trasformazioni strutturali, decisamente mutata è la struttura del mercato del lavoro e anche i sistemi di Welfare State più solidi conoscono una certa crisi» (p. 14), spiazzando quindi le tradizionali organizzazioni dei lavoratori.
Non sono, questi, che alcuni dei motivi che il libro offre alla discussione ed all’approfondimento. Alla chiarezza e alla lucidità delle pagine legate alla cronaca, che volta a volta demoliscono le velenose banalità dei media e della politica, si accompagna la ricca strumentazione teorica dell’introduzione, che – come richiede la complessità del tema - varca di molto un orizzonte di tipo “antropologico”; così come supera nettamente i consueti limiti delle raccolte il risultato complessivo del libro. Questo è un esempio di militanza ed insieme un repertorio di “casi” per l’applicazione del pensiero critico, cioè non arreso all’esistente, e che tale si propone sin dalla soglia: dove in epigrafe due bellissime citazioni, la prima dal discorso di Alessane N’diaye ai funerali di Jerry Essan Masslo e l’altra da Minima Moralia di Adorno, indicano la strada da intraprendere, da troppi tradita ma non da tutti, forse, dimenticata.

 

 

[30 settembre 2009]

home> recensioni> Anna Maria Rivera. Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo