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rivista Atti impuri
Se sperimentare non è peccato.
La nuova rivista Atti impuri
Alessandra Reccia
Nel
panorama delle riviste letterarie italiane, in rete o cartacee, si fa
notare senz’altro «Atti impuri. Luogo di scritture», un esperimento
nato a Torino dal sarcasmo e dall’ostinazione del collettivo Sparajurij
e sostenuto dall’editore milanese No Replay.
La versione cartacea, giunta già al suo terzo numero, appare come
l’esito più naturale della decennale attività critica e creativa
del gruppo torinese, ma anche come l’inizio di un nuovo e più maturo
programma di lavoro.
Fin dalle sue prime pagine la rivista si presenta come un luogo della
sperimentazione letteraria, linguistica e formale, che scommette sulla
possibilità contrastiva e distruttiva della parola narrata o
poetata, ovvero di quella parola che pretende per sè attenzione, tempo,
riflessione.
Dedicata alla misura breve, in prosa e versi, «Atti impuri» ha senza
dubbio il merito di pubblicare testi narrativi e poetici inediti di
autori più o meno conosciuti al pubblico italiano. Definire coraggiosa
questa scelta appare innanzitutto doveroso, se si pensa che in Italia
questa pratica non è quasi più esercitata dalle riviste di genere. La
scommessa, in questo caso, risulta ancora più interessante perchè non
riguarda semplicemente gli autori, ma punta invece sulla lingua. Il
gruppo di Sparajurij infatti con la sua rosa di testi azzarda
una riflessione innanzitutto sulla capacità della lingua
letteraria di costruire alternative al reale e dunque sulla
possibilità per la nostra lingua di rinnovarsi, di formare o
per-formare, di creare modelli per o da contagio e di
avvicinare esperienze geografiche e culturali anche molto distanti.
Proponendo i suoi testi, dunque, la rivista ha l’ambizione di
presentare l’italiano come una lingua passibile di produrre
letteratura, sguardi sul mondo, futuro e non semplicemente come un
mezzo della comunicazione quotidiana: una lingua dunque viva che non
accetta di trasmettere unicamente messaggi, di degradarsi continuamente
nelle sue funzioni d’uso.
La sperimentazione linguistica non è però nè un assunto aprioristico nè
un esito forzato, ma piuttosto un oggetto della ricerca della rivista,
che realizza così lo scopo, dichiarato fin dal primo editoriale, di
essere una «coordinata geografica», un punto di riferimento per chi ha
da proporre più che testi, veri e propri «progetti di scrittura».
Il carattere progettuale di questo esperimento salta subito all’occhio
come una delle principali caratteristiche della rivista. Non si tratta
ovviamente della volontà di inquadrare forzatamente i testi entro
una logica estrinseca, quanto invece di metterli in prospettiva, ovvero
in relazione ad un discorso sulle possibilità della lingua.
Questa pare essere la proposta teorica di una rivista che
programmaticamente non dedica nemmeno una pagina alla riflessione
critica e che vuole presentarsi piuttosto come una raccolta di testi
autonomi, da null’altro accomunati se non «dall’identica urgenza di
parolificare». Anzi, gli editoriali che aprono i primi tre numeri
parlano di «Atti impuri» come di una selva di parole, di un luogo
arabescato di voci e immagini. Questo aspetto sembrerebbe a prima vista
contrastare con il carattere progettuale che è sembrato la marca
distintiva della rivista. Ma l’avvicendarsi tra le pagine di voci e
immagini, di autori noti e meno noti, di versi e prosa, non appare mai
una successione disordinata o casuale. Aiutano in questo senso le
rubriche per quanto la loro presenza vorrebbe essere discreta. I titoli
infatti, false testimonianze, il prossimo tuo, sotto
tetta e all’infuori di me non sono indicati nell’indice e
compaiono invece quasi in trasparenza sopra la riga di intestazione di
pagina. Tuttavia le singole sezioni distinguono i testi in gruppi ben
definiti: narrativa italiana, narrativa straniera, autori recuperati da
altre epoche e poesia. Ma, una prospettiva di discorso, una direzione
non viene soltanto dalle rubriche, ma soprattutto dall’impostazione
grafica del volume, che si impone come un vero e proprio conduttore di
senso.
La grafica di «Atti impuri» non si limita a impaginare il testo, ma
direziona l’attenzione. Facendosi di volta in volta caleidoscopio o
lente di ingrandimento orienta la lettura su una parola o su una parte
del discorso. Può funzionare da eco, può proporre interpretazioni del
testo e proprio come nelle pratiche di scrittura di alcune avanguardie
europee di inizio secolo, a cui esplicitamente si richiama, non è un
orpello ma un elemento stilistico di composizione del senso.
Se dunque non è ovvio imbattersi in una rivista con un progetto
editoriale e culturale, è più che mai raro trovarne una che abbia
addirittura un progetto grafico.
L’attenzione grafica era già un punto di merito di “Maledizioni”,
la collana di poesia che Sparajurij dirige, ancora per la No
Reply di Leonardo Pelo. Gli otto volumi pubblicati già
presentano nel formato, nell’impaginazione e nelle illustrazioni tutte
le coordinate grafiche che saranno della rivista. Ma con «Atti impuri»
la grafica diventa discorso ed entra in relazione diretta con tutto il
lavoro redazionale di selezione e organizzazione dei testi.
La rivista non manca di porsi, attraverso i suoi editoriali, anche
delle finalità estetiche. La letteratura è per i redattori di
«Atti impuri» un luogo di costruzione dell’immaginario, ovvero di un
mondo alternativo al reale, organizzato su logiche distinte da quelle
usuali. Segno di questa funzione è, in quest’ottica, la lingua, la sua
capacità «di costruire mondi probabili, linguaggi possibili».
«Gli autori proposti», è scritto nell’editoriale del secondo numero,
«abitano l’universo letterario in forma di monadi, di nuclei autonomi
capaci di innescare resistenza all’usura dell’immaginario, occupando i
luoghi della dismisura e dell’eccesso».
Non volendo trattare le enormi implicazioni teoriche ed estetiche di
questo modo di concepire la realtà e la letteratura, oltre che la
funziona della lingua in esse, dobbiamo almeno accennare ad un dubbio
che non possiamo eludere: cosa ce ne faremo dell’immaginario che,
attraverso i testi che pubblica, la rivista vuole contribuire a creare?
Stabilire se, al di là degli intenti di poetica, i mondi della
scrittura che si oppongono al reale siano semplicemente rifugi, sogni o
riescano invece a proporsi come prospettive, opzioni di realtà è
la sfida letteraria di un secolo che da un lato, fino allo sfinimento,
ripete quanto sia inutile la letteratura e dall’altro la usa, facendo
leva proprio sul suo carattere onirico, come uno tra i tanti sedativi
di massa disponibili.
Intanto, sembra ragionevole azzardare che, oltre a suggerire
immaginari, così come dichiarato negli editoriali, «Atti impuri» punti
soprattutto a proporsi come un modello, di scrittura e di lettura della
realtà .
Se lasciamo, dunque, le questioni estetiche, che pure ci sembrano
importanti, in posizione periferica è allora perchè ci piace
sottolineare di questa rivista la sua natura pratica, il carattere
laboratoriale, che ci sembra sia il suo principale segno distintivo.
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