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Il Tarlo della Libia. Riflessione e
domande di un esodante
Ennio Abate
[…] Amici,
davvero,
a chi sotto i piedi la terra non gli brucia al punto che paia
meglio qualunque cosa piuttosto che rimanere, a colui
io non ho nulla da dire». Così Gotama, il Budda.
Ma anche noi, che non più ci occupiamo dell’arte della pazienza
ma piuttosto dell’arte dell’impazienza, noi che tante proposte
di natura terrena formuliamo, gli uomini scongiurando
a scuoter da sé i propri carnefici dal viso d’uomo, pensiamo
che a quanti,
di fronte ai bombardieri del capitale, già in volo, domandano
e troppo a lungo, che ne pensiamo, come immaginiamo il
futuro,
e che ne sarà dei loro salvadanai e calzoni della domenica, dopo
tanto sconvolgimento, noi
non molto abbiamo da dire.
(B. Brecht, La parabola di Budda sulla casa in fiamme> , in
Poesie 1933-1956, p. 189)
Circa sei mesi fa qualcuno s’illuse che la guerra in Libia sarebbe
stata “lampo”1. (E l’Afghanistan? E l’Irak?). Ecchè - si
diceva, -
«lasciamo che il rais bombardi quelli che lui chiama i ribelli?».
Si sospendano, orsù, «le questioni di principio». Tacciano i cacadubbi
di turno pronti a ricordare che «i droni americani stanno facendo
stragi quotidiane di civili in Afghanistan». Che patetici quelli che
vedono negli insorti dei «pupazzi eterodiretti dal Capitale Globale o
dai vertici del complotto demoplutopippoquiquoqua». E basta - si
diceva, si scriveva - con ‘sto Valentino Parlato, deplorevole esempio
di «una “sinistra” che sta sempre coi [dittatori] più deboli» (perché,
invece, c’è da stare subito, senza se e senza ma, con quelli forti).
Riflettiamo. Nessuno, a sinistra, avrebbe stretto la mano a Gheddafi
neppure quand’era stato pur riaccolto in cima, tra i Potenti. Ma
chi se la sente, oggi, di stringerla ai “volenterosi” della
NATO, a Sarkozy, a Camerun, a Frattini, a La Russa, allo stesso
Obama, che - premio Nobel per la pace - continua, pure lui, a
fare la guerra (cioè ad ammazzare)? Riflettiamo. Qui, per dirla
tutta, non si chiude una guerra e già se ne apre un’altra e poi
un’altra ancora. E in Libia, anche se stessimo assistendo al “declino
di un tiranno” o se Gheddafi venisse catturato o ucciso (adesso anche
tale ipotesi, fino ad ieri ipocritamente esclusa, passa per “normale”)
o riuscisse ancora a resistere (finendo per apparire giustamente
eroe
tradito e martire coraggioso) o persino a patteggiare il suo
destino dopo il pollice verso dei suoi infidi amici, c’è un paese
niente affatto liberato dal basso, ma devastato da una guerra
“asimmetrica” (militarmente impari). In tutto il Nord Africa, poi, i
vecchi regimi rottamati vengono sostituiti da altri politicamente non
meno dubbi (a voler essere generosi) dei precedenti, ma di sicuro
più controllati dalla NATO.
Non potendo fermare questa ennesima guerra “democratica”, è comunque
importante giudicarla. Distinguere se i loro promotori e tifosi
sono per noi (dirò più avanti su tale problematico pronome
plurale)
amici o nemici mi pare ancora essenziale. Anche se dovessimo rimanere
(a lungo o per sempre) dei servi, dei dominati (chiarisco:
dagli Usa) o al massimo dei sub-dominanti, è preferibile esserlo
consapevolmente piuttosto che fingersi liberti. Perciò ho insistito
affinché si rompa il silenzio-assenso su questa guerra, divenuto
assoluto dopo la benedizione (costituzionale?) del presidente
della Repubblica. Alla quale si è aggiunta, con una improvvida e
depistante equiparazione degli “insorti” di Bengasi ai partigiani
della nostra Resistenza, quella (sorprendente) di una
intellighenzia (Rossanda, Farid Adly, altri), che pur viene dal secolo
breve e l’ha studiato. Oggi che almeno certe falsità - le
fosse
comuni a Tripoli, i diecimila civili uccisi secondo Al Jazeera
in
soli due giorni da Gheddafi all’inizio di una protesta pacifica in
piazza, gli stupri di massa - spacciate per verità dai giornali
che contano, tutti quasi all’unisono favorevoli all’intervento
“umanitario”, hanno perso vigore (purtroppo solo in settori minimi
dell’opinione pubblica più critica); e si è chiarita
l’inconsistenza sia della “spontaneità della rivolta” che
dell’appoggio della popolazione ai “ribelli democratici”, i quali
nulla avrebbero combinato senza il massiccio intervento aereo e, al di
fuori di ogni mandato ONU, persino terrestre della NATO, mi pare
possibile e doveroso fare un bilancio a mente fredda. Ecco dunque un
bel po’ di domande tra le tante possibili. Le ho raccolte per temi,
formulandole ovviamente dal mio punto di vista.
E chiedo a chi se la sente di riprendere, se possibile, la discussione.
1. Intervento sì, intervento no.
Si doveva intervenire? E chi doveva/poteva intervenire? I “chirurghi” a
cui si sono affidati gli “insorti” erano affidabili (o della stessa
“banda”)? Ammesso che si dovesse comunque “far
qualcosa”, si è fatto quello che si era deciso di fare
(portare cioè aiuto alla popolazione civile repressa dal “tiranno”)? O
forse l’operazione, invece che a bravi “chirurghi”, rispettosi
dei valori della Democrazia e dei Diritti umani, è stata messa
nelle mani di “falsi chirurghi” e costoro non solo non hanno rispettato
le risoluzioni dell’ONU, che s’erano impegnati (certo, non per puro
altruismo) ad attuare, ma hanno fatto di testa propria, mossi anzi da
tutt’altre esigenze, definibili - all’antica e volgarmente -
colonialiste e/o imperialiste? Pare, poi, che siano intervenuti, ma non
sappiano più cosa fare in Libia; e che, dopo aver bombardato
comodamente dagli aerei per ogni dove (si parla di «20mila raid aerei
dei quali 8mila di attacco con bombe e missili»), effettuino da tempo
altre non previste operazioni di terra. Tra febbraio e marzo 2011 molti
discettarono seriosamente di “no-fly zone”, di Risoluzione 1973 del
Consiglio di Sicurezza. Quella Risoluzione - leggo - era, di per
sé, già una cancellazione dello Statuto dell'ONU, che ammette un
intervento dall'esterno solo se un paese minaccia con le sue azioni la
pace internazionale, mentre Gheddafi non lo stava facendo. Inoltre essa
permetteva che venisse bombardato l’esercito di Gheddafi a vantaggio
delle milizie degli “insorti” e stop. È stato rispettato questo
mandato? O ancora una volta l’ONU ha svolto il bizzarro e umiliante
ruolo di un arbitro che, dopo aver fischiato l’inizio della partita,
s’addormenta e non vede più che i prepotenti giocano senza regole o con
regole non pattuite? Qualcuno tra i tanti (intellettuali)
“interventisti” (Omar Calabrese su alfabeta2.it) ha
sostenuto che l’intervento militare in Libia «non lo si doveva fare
nella maniera con cui, inizialmente ma forse anche adesso, le azioni si
sono svolte».
Mi dico: in quali occasioni una guerra è stata fatta come si doveva
fare? I passati e indiscutibili atti di macelleria, rinnovatisi
orrendamente in tutte le “guerre lampo”, o i sistematici errori delle
“bombe intelligenti” non bastano ad ammutolire certe bocche?
2. Informati o disinformati?
Solo pochi esempi. Alcuni hanno sostenuto che la Tv di stato libica
(quella di Gheddafi), che ha mostrato scene di danni causati sui civili
dai bombardamenti NATO, non è attendibile. Cosa dire allora di Al
Jazeera, di cui ho riferito sopra? Mentisce Giulietto Chiesa quando
in
proposito afferma: «I 10 mila morti non c'erano e nessuno li ha mai
visti, le fosse comuni lo stesso, i bombardamenti sui cortei della
popolazione non c'erano. Ho lavorato su tutte le fonti disponibili e
non ho trovato una sola immagine, una sola notizia attendibile. La
notizia è stata data da Al Jazeera, ma era palesemente non credibile
nel momento in cui è stata data. Perché dopo due giorni dall'inizio
delle rivolte qualcuno doveva aver contato i 10 mila morti, e io vorrei
sapere come si fa» (alternativa-politica.it)? Altri dicono
che tutto sia partito da una spontanea protesta pacifica davanti
ad un tribunale di Bengasi e che «le forze dell’ordine hanno
tentato di fermare le proteste, non con gas lacrimogeni, non con
proiettili di gomma ma con proiettili di artiglieria pesante. I
cellulari della polizia venivano utilizzati per schiacciare le persone.
Come reazione la gente ha assalito i posti di polizia, hanno rubato le
armi etc.. e si sono ribellati a 42 anni di dittatura sanguinaria.
Civili contro l’esercito del dittatore»
(http://www.alfabeta2.it/2011/07/24/la-libia-e-il-pacifismo-a-orologeria/).
Non sono in grado di
smentire tali affermazioni. Per valutarne la portata reale, però,
esigerei che siano esaminate accanto a quelle che
documentano una preparazione di “qualcosa” da parte di Stati Uniti,
Francia e Inghilterra nei mesi precedenti l’intervento in Libia, come
sostiene ancora Giulietto Chiesa: «Io ho una teoria, che merita di
essere verificata. Su Megachip.info, il mio sito, ho pubblicato la
notizia che francesi e inglesi si stavano da tempo esercitando
militarmente in vista di un attacco da organizzare contro un paese
che
minacciava i loro interessi. Nessuno l'ha smentita. Secondo: si sapeva
benissimo che in Cirenaica c'erano già gruppi armati paracadutati dai
servizi segreti americani e britannici. Terzo: si sapeva benissimo che
esisteva un governo provvisorio rappresentante la Cirenaica a Londra.
Composto di persone i cui legami con i servizi americani e le
fondazioni americani sono ben noti e accertati. A un certo punto si è
deciso evidentemente che bisognava modificare gli equilibri all'interno
del Nord Africa (alternativa-politica.it)?
Stropicciatevi, dunque, gli occhi, giornalisti e intellettuali
“interventisti”, che all’inizio ci avete voluto convincere
della urgente necessità di «bombardare il dittatore che bombarda
il suo popolo» (tra l’altro, in quasi perfetta coincidenza con gli
«italici festeggiamenti» per i 150 anni del Risorgimento).
Dovessimo fermarci un attimo alla sola aritmetica dei
morti, diteci oggi: perché anche la NATO s’è messa a bombardare civili
libici? E quanti morti, feriti, menomati ha prodotto in questi
sei mesi? E quanti ne ha fatti (mettiamo pure in tutta la sua
carriera) Gheddafi?
3. La geopolitica: da snobbare?
Agli snob, che storcono il naso davanti alla geopolitica (perché
noiosa, perché raffredda i facili entusiasmi per le masse in rivolta,
perché presuppone l’invarianza del lato aggressivo dell’homo
homini lupus e della razionalità calcolatrice degli apparati di
Stato), si dovrà pur far notare che certe teorie apparentemente
complottiste non siano affatto tali, se poi sul pianeta si susseguono
eventi micidiali come attentati, colpi di stato, eliminazioni con droni
di “terroristi” , scandali ad orologeria per far fuori avversari
politici scomodi. Qualcuno (singoli pazzi?) pur appronterà
meticolosamente questi gesti. O vogliamo semplificare la storia,
riducendola allo scontro cinematografico del Bene contro il Male,
di ribelli alla Robin Hood contro tiranni obbligatoriamente
sadici, paranoici e perversi? Che certi “normali” tiranni
improvvisamente diventino più tiranni, mentre altri proseguano
indisturbati la loro noiosa carriera, che certi Stati vengano d’un
tratto stigmatizzati come “stati-canaglie” da chi, a Washington,
ha il bollo per farlo (e quando serve a lui e non all’Umanità,
alla Democrazia, alla Civiltà), rivela o no che la politica
è faccenda tremenda e oscura e niente affatto trasparente? E che
non è facile spiattellarla sotto il naso della cosiddetta
“società civile”, la quale grazie alla sua innata “partecipazione
democratica”, l’annuserebbe e prenderebbe “democraticamente” le
decisioni che i capi di Stato rispetterebbero? Far notare che
«Libia e Siria, oltre alla Giordania a dire il vero, sono gli unici due
paesi del Mediterraneo che non erano ancora integrati nel sistema
militare di difesa della NATO»
(alternativa-politica.it) può suggerire o no cosa ci
aspetta nei prossimi mesi o anni? E l’idea che gli Usa, più
che impantanarsi in Libia per il piacere di stare nel pantano (e magari
contemporaneamente in vari pantani: in Somalia, in Pakistan, nello
Yemen, in Siria, in Libano e addirittura in Iran), abbiano adottato una
nuova strategia, per cui «se non posso più tenere sottomessa una
regione strategica devo cercare di fare in modo che nessun altro possa
impiantarvi la propria egemonia. E per far ciò devo creare il caos».
(P. Pagliani su
http://www.megachipdue.info/tematiche/guerra-e-verita/5970-lesportazione-del-caos-imperiale-.html)
faremmo bene a rimuginarcela un po’ nella capoccia o è fastidiosa
propaganda paranoica?
4. Che
democrazia è questa se…
In Italia (e non solo) si è così assuefatti all’idea che la Democrazia
- in primis quella degli USA - sia, malgrado i suoi
limiti, il regime migliore, che neppure ci si allarma più (in
particolare dalla Guerra del Golfo del 1990) quando i “democratici”
cominciano ad esportarla continuamente mediante guerre travestite
da operazioni “umanitarie”. Una volta i “sinceri democratici”
erano talmente sinceri da criticare pure la Democrazia. Poi
non più. Sempre più spesso io, che mi ero formato sulla critica della
Democrazia esistente, mi chiedo: Che ci faccio, ora che la
Democrazia è
Pensiero Unico, in mezzo a tutti ‘sti “sinceri democratici”
sempre più o assopiti o fanatici, o disincantati o ringhiosi, i
quali vogliono che ad Essa mi rassegni, tanto il Comunismo è fallito
(vero…) e, non accettandoLa (assieme alle guerre “umanitarie”), si
rischia Il Peggio? Che posso fare?
Esodare, appunto! E già sento qualcuno che dice: Se non ti va la
Democrazia, alla larga! Esoda e basta! Eh, no! - controbatto -
perché c’è Il Tarlo (della Libia). Lo sento io e lo possono sentire
pure i “sinceri democratici” (e chissà quanti altri). Anche durante i
bombardamenti fatti dagli eserciti democratici? Sì, sì. Ssst! Parla e
dice: E se la Democrazia si fosse ridotta a “oppio dei popoli”? E
se il nemico della Democrazia fosse innanzitutto in mezzo a voi o
addirittura alla vostra testa. E se fosse in cima al Paese
Liberatore per eccellenza che ammirate di più? Al Paese,
cioè, che ha forgiato con lagrime e sangue, senza farle poi
più vedere, il suo potere e il più alto grado di civiltà
(capitalistica) comunque raggiunto dall’umanità? (Dice
qualcosa la guerra civile americana del 1861-‘65? lo sterminio dei
pellirosse? lo sganciamento dell’atomica su Hiroshima e
Nagasaki?). E se non vi apparisse nemico perché è
attorniato, sostenuto, applaudito, in tutti i Paesi suoi alleati
subordinati, non solo da giornalisti schiettamente cortigiani e
venduti, ma da grandi intellettuali, scienziati, economisti,
romanzieri, registi, attori, cantanti, ai quali vi sentite
legati? E se questo Paese Liberatore per eccellenza lo
rispettaste non tanto perché perbene e modello del vostro stile di
vita, non tanto perché condividiate con lui la medesima religione della
Democrazia e dei Diritti dell’Uomo, ma soprattutto (non osate
dirvelo? ve lo dice però Il Tarlo nel fondo buio di qualche nottata
insonne) perché è soltanto il più forte e il più ricco, non il
più
ragionevole o civile o saggio? (E essere il più forte e il più
ricco significa essere anche il più pronto a liquidare con le
maniere spicce e sporche di sempre - da Caino a Guatanamo - chi
tenta di scalzarlo dal suo piedistallo, il più abile nel pentirsi
dopo aver assassinato, il più deciso a giurare sulla Bibbia e sulle
Sacre Carte della Democrazia e dei Diritti Universali dell’Uomo e,
perciò, anche il più audace e deciso nell’andare contro la
Democrazia e i Diritti dell’Uomo). E se - sempre Il Tarlo! -
vivere in questa traballante e claudicante democrazia,
brutta copia ormai di quella, peraltro mitizzata, dell’antica polis,
e
godere dei suoi vantaggi metropolitani comportasse - inevitabilmente,
necessariamente - fare la guerra (commerciale, ideologica, militare)
contro altri Stati più o meno a turno “canaglie” (o comunque
“inferiori”), come dal 1990 in poi sta accadendo in Irak,
Afghanistan e ora in Libia e domani forse in Iran o in America
Latina, e dopodomani, secondo seri studiosi, in Cina o in Russia?
Se comportasse, cioè, che voi “sinceri democratici” doveste
essere - civilmente, democraticamente - cannibali (Lu Hsun) e
ammirare
ed esaltarvi alla Tv davanti alle performance degli Oscar
del cannibalismo globale e locale (commerciale, militare,
coloniale, sessuale, intellettuale, estetico)? E se mantenere la
Democrazia e il benessere democratico per i propri figli e nipoti e
concittadini, comportasse trasmettere in segreto (ma sempre
democraticamente, eh!) ad alcuni corpi specializzati e ben
selezionati il mestiere attivo del cannibale e costringere
ceti medi e popolo ad essere servitori zelanti dei cannibali
più
autorevoli, a rispettarli, a chiamarli Mr. Lamb invece che
Mr.Wolf? (Questione che in Occidente si risolve ancora con le
buone, cioè con più Tv e società dello spettacolo e camere
di tortura meno in vista, mentre negli “stati-canaglie” e
arretrati vige un cannibalismo “antidemocratico”, “tirannico”,
“dittatoriale”, “totalitario” con meno Tv e società dello
spettacolo e, dunque, con più camere di tortura di stile
dozzinale ed eserciti che sparano a vista appena usciti dalle caserme).
5. Noi. Chi siamo noi oggi?
Oh, ma Il Tarlo non la smette! Dopo aver fatto la predica ai “sinceri
democratici”, continua a farla anche agli esodanti come me e a quei
noi, simili a me, non rassegnati all’esistente democratico
e che
- inquieti, utopici, carbonari, donchisciotteschi, estremi,
radicali, borderline - vorrebbero ancora “fare qualcosa”,
“cambiare il mondo”, “fare una rivoluzione”. E in blog, siti, riviste,
fanzine, scrivono manifesti più o meno fuori riga e gridati, che
cominciano all’ingrosso così: noi popolo; noi classe operaia; noi
intellettuali; noi giovani; noi donne (e femministe); noi omosessuali;
e ora, persino, noi sessantenni
(http://www.alfabeta2.it/2011/08/22/manifesto-per-i-sessantenni/).
E a
loro e a me Il Tarlo dice: Quando rifletterete meglio sulla consistenza
effettiva di questo noi, di questo pronome plurale, che dite
Soggetto? È davvero un noi? O un io-noi? O ancora più io
che noi? E se
foste fuori gioco, masse di manovra, che - entusiasticamente,
invidiosamente, narcisisticamente, artisticamente - si parlano e si
scrivono addosso? E se tutto questo parlare fosse
chiacchiera, rumore di fondo (come appare all’occhio clinico e
cinico dei capi di stato, dei generali, dei banchieri, dei politici,
dei manager)? E se non aveste più , come diceva il vecchio comunista B.
Brecht il difetto di pensare? E se i pensierini che producete
si
ponessero - spontaneamente, automaticamente,
istintivamente, liberamente, logicamente - dalla parte dei
più forti e più ricchi, pur snobbandoli a ogni più sospinto? E se
solo pochissimi pensieri (da Tarlo!) vi ponessero - un secondo,
due secondi, faticosamente, anormalmente - di fronte alla orrida
Realtà? E se nessuna rivoluzione fosse più possibile? E ai venti
di guerra nulla più potessero opporre i pacifisti veri e finti, i
politici di destra o di sinistra, i grandi e i piccoli statisti, chini
tutti dinanzi al Paese Liberatore per eccellenza (come hanno
dimostrato, in occasione di questa ennesima guerra in Libia, l’Italia,
la Russia, la Cina, la Turchia, l’Iran stesso, per calcolo, per
tattica, per salvare affari, per preparare nuovi piani e, appena
possibile, nuove guerre anche loro)? E se i movimenti
- gli indignados, i riots inglesi, le “primavere
arabe” - non riuscissero mai più a farsi indipendenti e rivoluzione
vera? E fossero schiuma di onde, tsunami deboli, che si
sollevano ma mai sommergono gli eserciti, i burocrati, i
poteri occulti, le banche che dovrebbe sommergere? E se non dovesse più
spezzarsi la gabbia d’acciaio, in cui la maledetta storia ha rinchiuso
questa umanità mezzo disumana, questa civiltà sempre
in fondo semibarbara? Volete una buona volta chiedervi che fare?
che non sia aspettare un Dio che vi salverà, un Capo che vi
guiderà? E, se solo poteste usare la parola su un blog, un sito,
un giornale, una rivista, in un partito politico, in una facoltà
universitaria, un laboratorio di ricerca, volete chiedervi come usarla
al meglio, come non sprecarla, privatizzarla, agitarla in un
bicchier d’acqua, farne scolastica, commercializzarla, lasciarla
appesa come una cetra a uno dei Grandi Miti (a piacimento della
Tradizione antica, moderna, della neoavanguardia, del postmoderno)?
Ammesso che possiate o dobbiate ancora scrivere sulla sabbia di
questa Democrazia…
3 settembre 2001
note
1. Da un commento: «non appena – spero tra
poche ore – saranno cessati i combattimenti e il rais si sarà in
qualche modo levato dai coglioni».
[25 ottobre 2011]
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